Voi credete alle coincidenze ? Vi siete chiesti cosa c'entrano i gesuiti con la Via della Seta cinese ? La risposta ci arriva, o almeno ci da qualche spunto per capire da LA REPUBBLICA del martedì seguente che riporta un articolo di Sergi Basso di cui vi consigliamo una curiosa e attenta lettura:
La vera storia dei gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare alla corte dei Ming
È appena uscita in Italia una nuova traduzione delle
opere di Confucio. Apparentemente è l’ennesima; storicamente, però, è la prima.
La prima in assoluto. Dietro questo paradosso, si celano la vita e gli sforzi
di un uomo che alla Cina donò molti anni della sua vita, più di quattrocento
anni fa. Nel XVI secolo, i gesuiti si resero protagonisti di un empito
missionario formidabile che dalle coste lusitane li portò a predicare il
Vangelo in India, in Giappone e finalmente in Cina. Ma la missione, nell’Impero
di Mezzo, accusò le prime battute di arresto: nel 1590 la Spagna stava
valutando se dichiarare guerra alla Cina, i mandarini erano al corrente delle
mire espansionistiche degli europei, e i gesuiti, di conseguenza, erano visti
con profondo sospetto.
All’Escorial si questionava sui cavilli giuridici che
avrebbero giustificato l’assalto agli occhi del mondo. Filippo II convocò
dunque alla reggia fuori Madrid un gesuita italiano che dalla Cina era appena
tornato, con le bozze per un atlante. Non si tratta di Matteo Ricci, il nome
che balza subito alla mente ogniqualvolta si parli dei primi incontri tra
intelligencija occidentale e mandarini cinesi nell’evo moderno. Si chiamava
Pompilio Ruggieri, veniva dalla Puglia e aveva studiato a Napoli tra gli
stimoli di compagni di classe dal talento abbacinante come Torquato Tasso. Però
poi aveva scelto la fede e la Cina.
Con i voti prese il nome di Michele e visse
in Oriente dal 1579 al 1588, a preparare il terreno per i missionari gesuiti.
Ecco perché nel 1591 Ruggieri viene ricevuto all’Escorial. Filippo II, sovrano
meticoloso, sul finire dell’incontro chiede a Ruggieri di poter leggere una
crestomazia dei filosofi cinesi. Ed è così che Michele si decide a completare
un’opera che portava avanti da tempo, la traduzione in spagnolo di alcuni dei
classici confuciani. Sarebbe stata la prima volta in assoluto che Confucio
veniva tradotto in una lingua occidentale. Più di trecento anni dopo, il lavoro
di Ruggieri venne scovato da Julian Zarco, bibliotecario dell’Escorial, nel
1921. Ne è finalmente uscita la versione italiana, curato e con un’impeccabile
prefazione di Eugenio Lo Sardo ( Confucio. La morale della Cina, De Luca
Editori d’Arte, 18 euro). Ecco svelato il paradosso.
Ma da dove nasceva la dedizione di Michele per la Cina?
Aveva sin da adolescente vagheggiato dell’Oriente, grazie ai diari di viaggio
di alcuni mercanti – l’italiano Galeone Pereira nel 1565 e il frate domenicano
Gaspar da Cruz, nel 1569 – e ai rapporti dei gesuiti alla “casa madre” a Roma.
Già nel 1578 predicava a Goa per la Societas Iesu. La rapidità nell’assimilare
la lingua locale convinse i superiori che era lui l’uomo su cui puntare per
espandere la diffusione del Verbo ancora più a Oriente, in Cina. Ma Ruggieri
faticò ben tre anni a superare il limbo burocratico in cui lo tenevano i
funzionari cinesi presso l’avamposto meridionale dell’impero, a Macao.
Il cristianesimo era già penetrato in Cina, sin dal VII
secolo, con i nestoriani; ma il problema non era entrare, era restarci. Ad
esempio il nucleo cristiano creato a cavallo tra XIII e XIV secolo dal
francescano Giovanni da Montecorvino, già vescovo di Pechino, era ormai sparito
completamente durante la dinastia Ming: la Cina di fine XVI secolo non è la
Cina cosmopolita della dinastia mongola Yuan di tre secoli prima.
Il tarlo più bruciante fu che Ruggieri con il cinese si
arenò. Ecco perché i Gesuiti mandarono Ricci, di nove anni più giovane: in
Italia Matteo aveva dato prova di essere un portentoso assimilatore di idiomi
grazie alle sue pratiche mnemotecniche. È il 7 agosto 1582, Ricci sbarca a
Macao, e la missione gesuita cambia marcia. Per capire la radicale differenza
d’indole tra Ruggieri e Ricci, l’uno sognatore e il secondo pragmatico, il
primo fantastica di incantare il sovrano cinese portandogli in dono regali
bizzarri, come uno struzzo. Ricci intuisce che per rompere il muro di gomma
della corte serve invece la scienza. Insegna la mnemotecnica ai figli di
mandarini influenti, in modo che vadano bene agli esami imperiali e lo facciano
entrare nei giri che contano. Inizialmente, complice i capelli corti all’italiana
e la barba lunga alla portoghese, si fa passare per un monaco buddista
straniero. I sodali cinesi gli svelano tuttavia l’enorme abbaglio strategico: i
buddisti possono contare su un’ascesa sociale limitata; se Matteo vuole puntare
in alto, è meglio mimetizzarsi da confuciano.
Il confucianesimo è la dottrina sviluppata dal filosofo
Kong a cavallo fra VI e V a.C., che si poneva gli stessi interrogativi di cui
Platone si sarebbe occupato nella Repubblica un secolo più tardi: quale
dev’essere il fine di un leader? Quale il ruolo dell’uomo nella famiglia, nella
società? Confucio produsse un sistema filosofico che nei secoli seppe sfornare
funzionari statali di altissima dirittura morale.
Intanto Michele viene richiamato in Europa per
organizzare un’ambasceria papale a Pechino, una nuova missione che non si
realizzerà mai. Si porta dietro le bozze delle cartine per quel progetto di
atlante della Cina che tanto interesseranno Filippo II, e un inseparabile
servitore sino-portoghese. Dei quattro libri confuciani che interessarono
Ruggieri, Il grande studio, Il giusto mezzo, I dialoghi e il Mencio, solo un
capitolo del primo è sicuramente autentico; il resto è sistemazione dei
discepoli. L’opera di Ruggieri è ancora oggi di una freschezza affascinante,
perché permette di entrare nell’officina del traduttore alle prese con alcuni
problemi basilari. Il nome stesso di Confucio (Kong fuzi, “il venerabile
maestro Kong”) viene trascritto per la prima volta e quindi risente di qualche
incertezza: “Confu”, “Confussio”, “Confusio”.
Tra i precetti che Confucio suggerisce al buon governante
brilla ancora questo con la voce di Ruggieri: «Dai protezione agli stranieri.
Accompagnali quando vanno via, vai loro incontro quando arrivano, lodane i
buoni, abbi compassione degli ignoranti: questo attira gli stranieri». Magari
fossimo confuciani.
SERGIO BASSO
Nessun commento:
Posta un commento