Quali analogie e differenze si possono trovare in queste storie parallele ?
COOP, IL SOCCORSO ROSSO CON UN PIANO DA 170 MILIONI SALVERA' UNICOOP TIRRENO
LA STRUTTURA PATRIMONIALE DELLA COOPERATIVA TOSCANA ERA
ENTRATA IN SOFFERENZA PER 100 MILIONI DI PERDITE CUMULATE NEGLI ULTIMI ANNI. LE
RISORSE ARRIVANO DA ALLEANZA 3.0 E DALLE ALTRE MAGGIORI REALTÀ CHE FORMANO IL
NUMERO UNO DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA ITALIANA
Firenze Il momento è difficile per tutti, nella grande
famiglia delle coop di consumo debilitata dalla crisi agli scaffali. Ma c’è chi
sta peggio degli altri. E quando una “sorella” chiede aiuto le altre non si
tirano indietro: le sei grandi coop del sistema Lega, ma anche due medie e
Coopfond (il fondo mutualistico), corrono in soccorso della “sorella sfortunata”,
Unicoop Tirreno di Piombino, un milione di soci e un miliardo di fatturato,
afflitta da perdite di esercizio (per più di 100 milioni totali negli ultimi
sei anni di “rosso”) e ora pescata in fuori gioco da Bankitalia sul fronte
patrimoniale.
Sebbene il prestito sociale in Unicoop del Tirreno sia in
rapida discesa (è calato da 1,2 miliardi a 930 milioni tra maggio e oggi),
l’azienda toscana si è fatta pescare in fallo all’entrata in vigore della
prescrizione di Bankitalia che, a tutela dei risparmiatori, impone di non far
scendere il patrimonio aziendale sotto un terzo rispetto al prestito sociale.
Invece, a fronte di un prestito sociale a quota 930 milioni, il patrimonio
netto di Unicoop Tirreno è stato falcidiato a 170 milioni dalla raffica di
perdite di esercizio di questi anni. Insomma, rapporto patrimonio- prestito di
uno a cinque e mezzo, ben sotto il limite consentito dalla Vigilanza.
La patata
bollente se l’è ritrovata tra le mani il nuovo direttore generale di Unicoop
del Tirreno, Piero Canova, veneziano, 57 anni, arrivato a fine settembre. E la
soluzione, pilotata dall’Associazione nazionale cooperative di consumatori
(Ancc-Coop) presieduta da Stefano Bassi, è stata quella di far partecipare
tutte le grandi coop alla sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi
della Unicoop di Piombino per 170 milioni. Soluzione soft: le cooperative
“sorelle” condividono il rischio d’impresa ma restano fuori dalla gestione
aziendale. Avranno diritti di informazione e vigileranno attraverso la nomina
del presidente, di un membro dei cinque effettivi e di un supplente del
collegio sindacale. Gli strumenti finanziari partecipativi sono sottoscritti da
una società veicolo, Il Ponte, alla quale ciascuna “cooperativa di soccorso”
partecipa con quota proporzionale ai risultati di vendita 2015.
E di
conseguenza Alleanza 3.0, nata il primo gennaio 2016 dalla fusione di Coop
Adriatica, Coop Consumatori Nordest e Coop Estense, si trova a sborsare 60
milioni per l’operazione di salvataggio di Piombino, Unicoop Firenze 40
milioni, Coopfond 20 e a scendere gli altri, ovvero le quattro grandi,
Novacoop, Coop Lombardia, Coop Liguria e Coop Centro Italia, ma anche le medie
Coop Amiatina e Coop Reno. La società veicolo, e quindi le cooperative
“sorelle”, saranno remunerate con spread pari all’Euribor a sei mesi più il 2%
che diventerà 6% dal 2020 per le quote di strumenti finanziari partecipativi
eventualmente non restituite.
«Per dimensioni e caratteristiche è la più grande
azione cooperativa di sistema degli ultimi 15 anni, che mostra il rinnovato
patto solidaristico interno alle aziende del movimento e che è in grado di
tutelare i risparmiatori » afferma Bassi. Il “prestito patrimoniale” dovrebbe
rientrare alle cooperative che lo hanno sottoscritto con la realizzazione del
piano industriale 2016-2019 di Unicoop Tirreno, che punta a ristrutturare
l’azienda tagliando costi di gestione con inevitabile impatto sull’occupazione
(c’è fermento nel sindacato che rappresenta 4.000 dipendenti), snellendo la
rete di vendita composta da 109 negozi e replicando la formula del franchising
già sperimentata con 21 affiliati.
Domani il piano sarà presentato ai
sindacati. L’azienda mira a riportare in pareggio il bilancio e a raggiungere
autonomamente l’equilibrio tra patrimonio (170 milioni) e prestito sociale che
si tenterà di dimezzare rispetto ad oggi. Di sicuro molto dipenderà
dall’evoluzione del quadro economico generale e dall’andamento dei consumi. Che
non promettono bene. Tra 2011 e 2015 il sistema coop - in crescita il numero
dei soci da 7,7 a 8,5 milioni - ha visto scendere il valore delle vendite da
13,2 a 12,3 miliardi, il numero degli addetti da 56.744 a 53.964, le superfici
delle aree di vendita da 1,8 a 1,67 milioni di metri quadrati anche in
conseguenza della strategia che spinge ad abbandonare il modello iper per
favorire dimensioni più contenute e ritirare il perimetro di vendita al core
business del solo food. Il trend di sostanziale tenuta del sistema coop, che si
conferma il primo distributore italiano con una quota di mercato del 18,7% (era
18,4% nel 2011), prosegue nel 2016. L’Associazione delle coop stima un totale
di vendite a fine ottobre pari a 9, 4 miliardi, in calo rispetto all’anno
precedente dello 0,3%. E il dato in diminuzione è legato alle performance degli
ipercoop (pari a -2%), compensato da supermercati e piccoli negozi oltre che ai
settori liberalizzati (carburanti, farmaci, telefonia mobile). «Il sistema coop
tiene nonostante il contesto economico ancora complesso, con la concorrenza che
aumenta mentre si accelera la metamorfosi dei consumatori italiani, sempre più
liquidi e infedeli alla caccia di opportunità di convenienza - sostiene Albino
Russo, responsabile dell’Ufficio studi economici Ancc-Coop - anche i primi mesi
del 2016 generano incertezza vista la stagnazione dei consumi e le difficoltà
dell’intero comparto distributivo». E di nuovo Stefano Bassi: «Lavoriamo per
salvaguardare l’occupazione e continueremo a rafforzare la strategia sulla
convenienza anche se questo ridurrà i margini della gestione. Resta valida la
mission del “cibo buono e sicuro per tutti”, anche per quel 40% di famiglie
italiane che hanno serie difficoltà a fare la spesa».
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