lunedì 21 novembre 2016

SE VUOI SAPERE COSA PENSO E COME VOTO ... ALLORA PAGAMI

Vi proponiamo questo estratto da un articolo di Repubblica pubblicato alcuni giorni fa dal quotidiano. Adesso saprete cosa rispondere al solito sondaggista telefonico, a quello che vi propone un questionario da compilare e a colui che vi vuole fare un'intervista per conoscere il "vostro" pensiero.

Adesso potete citare l'unico sondaggista americano ad aver previsto la vittoria di Trump alle elezioni e quindi potete trattare sul prezzo con il vostro interlocutore.

Ma non pensate di risolvere il problema riusciranno a carpire i vostri più reconditi pensieri se solo frequentate i media social, i loro algoritmi sono pronti a catalogare tutte le vostre scelte e condivisioni. Fortunatamente poi sbagliano i sondaggi e quindi anche se carpiscono i nostri orientamenti non sanno leggerli e non riescono ad influenzarci.

La vendetta del sondaggista. «Io, deriso per aver capito tutto»

LA REPUBBLICA mercoledì 16 novembre 2016

NEW YORK «Che devo dire...sono rimasto sorpreso anche io. E poi, per essere onesti
fino in fondo, avevamo previsto che vincesse con un margine ancora più ampio». Arie Kapteyn ridacchia. Dalla sua casa di Topanga, Los Angeles, “l’uomo dei sondaggi”, il vecchio professore di economia che ha ridicolizzato i giovani leoni dei polls digitali come Nate Silver (FiveThirtyEight) o Nate Cohn (New York Times) appare piuttosto divertito da quelle che chiama «queste ore di celebrità» e cerca di ragionare sul perché le previsioni di guru, ed esperti vari si siano rivelate sballate nel novanta per cento e oltre dei casi.

«Premesso che abbiamo sbagliato qualcosa anche noi, penso che la differenza l’abbia fatta il metodo che noi della University of Southern California abbiamo usato nel condurre i sondaggi per il Los Angeles Times. È stato un processo lungo, iniziato un anno fa, quando ci siamo resi conto che con mezzi tradizionali come le telefonate e anche attraverso Internet molti elettori non ci avrebbero detto volentieri che volevano votare per Donald Trump». Così Kapteyn e il suo staff hanno scelto, come prima mossa, il metodo più antico. «Abbiamo inviato migliaia di lettere in ogni singola contea degli Stati Uniti, con dentro un questionario e cinque dollari. Chi rispondeva alle domande veniva premiato con altri quindici dollari».

Non c’è nessun tipo di corruzione nel pagare chi risponde a un sondaggio spiega il professore, «perché la gente dedica tempo al sondaggio, si sente più responsabile e accetta di rispondere anche a domande cui al telefono non risponderebbe mai. Così, partendo dalla buona vecchia posta, abbiamo selezionato quelle tre/quattromila persone che per tutto il 2016 sono diventate il nostro campione».

Una volta fatto questo è entrato in scena Internet. «A chi si dichiarava interessato e magari non aveva a disposizione una connessione a banda larga o un computer, abbiamo regalato un tablet e un abbonamento.

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Alberto Flores D’Arcais 

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