Conclusioni
Ovviamente se fossi in grado
di sciogliere il dilemma, come si dice, non sarei qui. Queste note vogliono
solo essere un ragionamento aperto in un dibattito che spesso diventa
fuorviante fra chi propone grandi scenari futuri e chi, invece, appare
rinunciatario e sostanzialmente “ conservatore”.
Per non rischiare soltanto la
“descrizione” di fenomeni, peraltro ampiamente conosciuti dagli addetti ai
lavori, voglio sbilanciarmi nell’individuare alcuni temi che ritengo prioritari
nella fase attuale, avvertendo che non si tratta di novità o di conigli usciti
dal cappello ma semplicemente alcune considerazioni di “ buon senso”,
all’interno del complesso scenario generale che ho provato a tratteggiare.
Di
seguito dunque alcune parole chiave che io riterrei comunque utili:
Programmazione: è un metodo
che va ritrovato,con urgenza. La sovraccapacità dei terminal è un dato
acclarato, nello stesso tempo
vi è il rischio che, senza gli opportuni adeguamenti, le attuali infrastrutture risultino ancora di più sottoutilizzate perché non in grado di tenere testa all’evoluzione “ media” della flotta.
vi è il rischio che, senza gli opportuni adeguamenti, le attuali infrastrutture risultino ancora di più sottoutilizzate perché non in grado di tenere testa all’evoluzione “ media” della flotta.
Diciamo l’opzione 8000 teu, almeno per i porti gateway. Bisogna dunque pensare
ad una rete fatta di hub di transhipment, porti gateway e porti feeder.
Ciascuna tipologia di porto ha esigenze infrastrutturali diverse. Gli
investimenti e le pianificazioni dovrebbero essere pensati in funzione del
mantenimento “ efficiente” di tale funzione.
Non c’è nulla di male ad essere un buon porto feeder. Non dunque un mero
ampliamento dell’offerta quanto la capacità di mantenere in efficienza
l’offerta esistente. Questo potrà, in alcuni casi, significare anche “ grandi
opere” e in altri casi “ piccole opere”. E’necessario cessare di muoversi in
ordine sparso e ritrovare un “ centro regolatore “ che non può che essere il
Ministero delle Infrastrutture. La scarsità di risorse pubbliche obbliga ad una
programmazione seria che faccia i conti con lo scenario di crisi e nel contempo
colga tutte le possibilità di sviluppo.
Project financing: nessuno
può negare a privati, una volta che una progettazione sia conforme alla
pianificazione del porto e del territorio, la facoltà di effettuare
investimenti in infrastrutture, anche, come è stato previsto, con opportune
agevolazioni fiscali per l’investitore. Il punto è un altro.
Non è possibile
continuare con un sistema per il quale il “ project” lo mette il privato,
mentre il “ financing ” lo mette il
pubblico. Se c’è un capitale di rischio è anche possibile una scelta di
ampliamento dell’offerta di terminal container, se ciò risponde ad una scelta
dell’investitore e ad una sua valutazione di mercato.
Ciò che è inammissibile è
che con i soldi pubblici si costruiscano infrastrutture inutili ovvero
finalizzate ad alterare la concorrenza. A quel punto ha davvero ragione l’UE a
chiedere trasparenza finanziaria nei porti.
Ferrovie: indeciso se
indicare come parola “ chiave” “sistema dei trasporti” ovvero “ferrovie”. C’è
in Italia un crollo del trasporto merci ferroviario. Occorre che tale aspetto
venga assunto come questione strategica. In Italia non c’è un problema di rete.
L’Alta Velocità ha rappresentato, indubbiamente un grande balzo in avanti, ma
questo va completato con il rilancio del trasporto merci ferroviario a partire
dai porti. Il problema è di effettiva liberalizzazione e di “ incentivi “
all’uso del ferro. Le due cose debbono andare insieme. Senza un rilancio della
ferrovia, a partire dai porti, ogni altro discorso sulla competizione con
l’Europa è semplicemente ridicolo. Trenitalia ha dimostrato di avere a cuore il
mercato dei passeggeri.
Merci e passeggeri nel mercato ferroviario sono
totalmente diversi. Per questo si deve promuovere l’apertura del mercato a
nuovi soggetti e ciò deve essere oggetto di azioni legislative volte a
promuovere il trasporto ferroviario per le merci, magari aiutando le imprese di
autotrasporto e di logistica ad affacciarsi in un nuovo mercato. Detto questo
esiste anche il tema del “sistema dei trasporti”, riassunto nella ormai abusata
locuzione di “collo di bottiglia”. Anche la pianificazione che punti a
collegare rete e infrastrutture “ puntuali” ( porti, aeroporti ed interporti )
appare indispensabile.
Riforma : In questo caso la
parola chiave poteva essere “ autonomia”. L’autonomia dei porti è un bene
strategico.
Riferita alle Autorità Portuali non vuole affatto sancire, per
esse, la possibilità di fare ciò che si vuole. Anzi, come ho detto prima,
riferendomi alla pianificazione infrastrutturale, è lo Stato che deve guidare
le scelte strategiche e di sistema. Autonomia vuole dire invece capacità e
tempestività di agire, flessibilità e autogoverno. Il primo Ente Porto, quello
di Genova, costituito nel 1903, era così autonomo da avere addirittura una
propria giurisdizione. Questa prerogativa fu giudicata incostituzionale solo
nel 1975.
Ora, tutti ricordiamo l’oscura fase finale della vita del CAP come
Ente elefantiaco e produttore di debiti senza fine, dovremmo però ricordare
anche come, proprio attraverso la sua autonomia, l’Ente svolse una funzione
propulsiva straordinaria, nel pieno della rivoluzione industriale, per dare
impulso al porto di Genova nei primi del ‘900. E’quello spirito di autonomia,
proprio di tutti gli enti di gestione del mondo, a parte la Grecia, che
dovrebbe essere ristabilita.
Anche in questo contesto penso sia utile un poco
di sano buon senso. Ha preso corpo uno strano dibattito tra chi vorrebbe un “
riformetta” e chi invece vuole una “ riformona” o meglio “ una vera riforma”.
Questo dibattito ha addirittura spaccato il Parlamento per cui il Senato
sarebbe per la riformetta e la Camera per la riformona. La motivazione che ha
dato spessore a questo dibattito è stata l’adozione da parte della commissione
di un Regolamento, relativo all’accesso al mercato dei servizi portuali ed alla trasparenza finanziaria che, a detta dei
sostenitori della “vera riforma”, sarebbe ostativa ad interventi minimi sulla
legge 84/94 in grado tuttavia, di aiutare la soluzione di alcuni problemi
contingenti.
Io resterei francamente ancorato ad un detto popolare che diceva “
piuttosto che niente meglio piuttosto”. E’chiaro che il regolamento propone,
sulle materie nelle quali interviene, novità importanti e tuttavia, occorre
dire che anche un entrata in vigore, domani mattina non scioglierebbe alcuni nodi che è comunque
necessario affrontare come l’autonomia finanziaria, la definizione del profilo
giuridico delle Autorità Portuali, l’assetto delle stesse in un contesto di
sistema, il coordinamento dell’attuale legislazione con il Codice della
Navigazione, l’ammodernamento delle procedure demaniali, gli aspetti
contrattuali del personale e la tenuta del contratto unico dei porti e molti
altri ancora. Vi sono almeno due aspetti che rendono particolarmente
incomprensibile la posizione di alcuni che, addirittura, vorrebbero anticipare
l’applicazione in Italia del Regolamento, prima della conclusione dell’iter del
Parlamento Europeo: 1) il fatto che il regolamento è direttamente applicabile
nei soli porti della rete TEN-T e questo, per come è fatto materialmente il
sistema portuale italiano,comporta seri problemi applicativi. Avremmo porti
vicini e simili, con due diverse modalità di accesso al mercato dei servizi e
diverse regole di trasparenza finanziaria; 2) in particolare per i servizi
tecnico-nautici occorre intervenire sul Codice della Navigazione e sul
coordinamento delle competenze fra Autorità portuale e marittima. In questo
senso uno strumento di recepimento, ancorché il regolamento si applichi
direttamente, si profila indispensabile. Il Regolamento poi, come sappiamo,
esclude le attività di movimentazione delle merci ed i servizi ai passeggeri,
rimandando il tema all’approvazione della Direttiva concessioni. Si può capire,
tuttavia in Italia nemmeno abbiamo il regolamento ex.art.18, per cui sulla
materia, che qualche importanza nei porti ce l’ha, continueremo a navigare a
vista. In secondo luogo, e capisco che per chi è abituato a volare alto possono
sembrare bazzecole, con il regolamento si esclude il deposito delle merci
dall’ambito di applicazione. In Italia è operazione portuale con ciò che ne
consegue. Che cosa si farà ? Analogamente, i “ servizi di supporto ai
passeggeri” sono considerati servizi di interesse generale. Come si deve
leggere tale definizione alla luce dell’esclusione dei “ servizi passeggeri” (
tout court ) dal regolamento ? Una novità assoluta, peraltro è l’inserimento
dei dragaggi nei servizi portuali, anche in questo caso in Italia ci potrebbero
essere novità. Tutte le domande irrisolte e le questioni aperte
consiglierebbero da un lato di affrontare le questioni urgenti e dall’altro di
impostare una discussione organica sulla riforma alla luce delle novità
comunitarie ma anche e soprattutto alla luce dell’esigenza di vedere nei porti
e nell’economia marittima una priorità nazionale.
Lavoro: l’occupazione è vero
problema cruciale della nostra epoca. L’attività portuale è un’attività “labour
intesive” ricca di professionalità specifiche includendo in senso più ampio
anche le professioni marinare. Il “cluster” marittimo-portuale e le
organizzazioni sindacali hanno da tempo proposto misure di sostegno alle
imprese ed al lavoro che andrebbero raccolte da parte del Governo. Per i porti
la pace sociale, fondata sulla qualità delle relazioni sindacali, sulla
regolarità dei rinnovi contrattuali e sul metodo del dialogo e della concertazione
è un bene primario. La fase alta dello sviluppo dei porti italiani è stata
anche una fase alta di dialogo sociale. Se non si comprende che le risorse
umane sono il bene primario da tutelare non solo si farà poca strada ma si
aprirà la via ad una involuzione del settore per cui, ogni ricerca di maggior
efficienza e di sviluppo sarà destinato al fallimento.
Qualità: in questo caso, la
parola chiave poteva essere “ innovazione”. Da tempo mi trovo a dire che
ritengo finita la fase “ quantitativa “ dello sviluppo mentre ritengo si debba
perseguire l’idea di una fase “qualitativa” della crescita economica. In questo
contesto l’innovazione tecnologica, la formazione delle risorse umane, le
misure di tutela ambientale, giocano un
ruolo cruciale. Occorre allora mettere molta energia in tutte quelle
iniziative: la costruzione dei Port Community System, lo sportello unico
doganale, lo sportello unico delle informazioni marittime, tutte le buone
pratiche di amministrazione digitale che possono consentire un reale balzo in
avanti della qualità organizzativa della nostra portualità.
L’innovazione è la
carta vincente della competitività e può fare recuperare nell’immediato,
velocizzando controlli e pratiche amministrative, molti traffici ai nostri
porti. Altro elemento chiave è la formazione. La qualità delle risorse umane fa
la differenza. Strategico è investire in innovazione e formazione per la
sicurezza, del lavoro e del trasporto.
I fatti di Genova ed ancor prima la
vicenda Concordia hanno mostrato un sistema fragile di fronte anche all’errore
umano. La fragilità del sistema va combattuta perché genera scarsa
competitività e diseconomie oltre a mettere ovviamente in pericolo le vite
umane che sono il bene primario. Stessa attenzione deve essere posta alla
tutela dell’ambiente ed alla ricerca di tutte le soluzioni che riducono i
fattori nocivi, inquinanti e di spreco energetico.
Siamo in una fase politica e
sociale molto oscura. Rabbia inconcludente e rassegnazione sono le due facce
della stessa medaglia. Sono convinto che questa crisi, se come e quando
passerà, ci lascerà un mondo molto
diverso dal passato. Anche noi saremo diversi. Ciò che non a cui non possiamo e
dobbiamo rinunciare è a combattere per costruire il futuro, a dare un senso a
questo mondo per le future generazioni. Anche noi, sul “fronte del porto”,
dobbiamo combattere questa battaglia.
Mario
Sommariva
luglio 2013 all'epoca Segretario Generale
Autorità portuale del Levante – Bari, Monopoli e Barletta
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