il Ministero
"boccia" il progetto
di Alberto Vitucci
VENEZIA.
Otto pagine di richieste, diciannove quesiti.
La
«Struttura tecnica di missione» del Ministero delle Infrastrutture di Graziano
Delrio non è convinta della bontà del progetto off-shore. E ha inviato
all’Autorità portuale il suo parere con una lunga richiesta di chiarimenti.
Per
gli scettici sulla grande opera in mare, si tratta quasi di un de profundis
all’iter del progetto di piattaforma logistica voluta dal Porto di Venezia e
dal suo presidente Paolo Costa. Una battaglia che prosegue, anche in vista
delle elezioni politiche della settimana prossima, della nuova legge sui porti
e del rinnovo dei mandati dei presidenti, previsto per ottobre.
Sul piatto, il
progetto Voops («Venice off-shore on-shore port system»), che ha già ottenuto
il via libera da Regione, commissione Via e Cipe, ma adesso deve superare la
diffidenza del Ministero e degli altri scali italiani, a cominciare da Trieste.
Cosa dice il parere della struttura tecnica? Una serie di
dubbi e quesiti riguarda soprattutto l’opportunità di procedere su un progetto
per cui, secondo i tecnici del Ministero, «rimangono molti aspetti non ancora
chiariti». È necessario, si legge nella premessa, «giungere a una completezza
informativa aggiornata e integrata, che rappresenti con chiarezza la versione
attuale dell’idea progettuale e della sua proposta di realizzazione tecnica ed
economico-finanziaria. Perché negli ultimi dieci anni è sopraggiunta «una
fisiologica necessità di variazioni e adattamenti al progetto originario».
Scenari alternativi. Per «evitare rischi» si suggerisce
prima di tutto di considerare e confrontare «scenari alternativi». «Dove la
funzione del porto off-shore sia svolta da altri porti del Nord Adriatico,
Trieste e Capodistria in testa, come già oggi accade». L’accesso al porto veneziano
(«on-shore») sarebbe comunque garantito, perché lo scenario di «non
navigabilità per la chiusura del Mose», scrivono i tecnici del Ministero delle
note, «è limitato a pochissimi giorni all’anno».
La convenienza. Si può tranquillamente, secondo il rapporto
della Stm, rinunciare alla piattaforma off-shore e affidarsi ai trasferimenti
da una nave all’altra («transhipment») facendo base su Trieste. I costi
sarebbero più o meno gli stessi.
Il rischio di investimento. Nel quesito Q3 il gruppo del
Ministero ribadisce il «rischio di investimento» che invece sarebbe minimo
puntando sulle infrastrutture a terra dotate di buona accessibilità marittima.
Ancora una volta, Trieste.
Occorre anche chiarire, continua il documento, quali
sono gli scenari di sviluppo del mercati con analisi di sostenibilità economico
finanziarie.
Mose. Chiarimenti sono richiesti anche sulla questione della
conca di Malamocco, per cui la mancata realizzazione dell’off-shore
comporterebbe una revisione.
Ambiente. Un problema ambientale si porrebbe, continua lo
studio, nel caso il progetto del terminal petroli venisse stralciato dal
progetto generale dell’off-shore. Anche puntando solo sui container, rimarrebbe
evidente il problema dell’impatto ambientale per il traffico delle barche
dirette in laguna nel porto on-shore.
Ferrovie. «L’ampliamento del mercato e del traffico di Teu
(5,9 milioni previsti nel 2030) è legato all’efficacia dei collegamenti
ferroviari. È stata verificata la funzionalità di queste infrastrutture?»
Tempi e costi. «Vi sono ragionevoli elementi», continua il
rapporto, «per ritenere che i costi e i tempi dell’opera possano essere
considerevolmente maggiori di quelli dichiarati. Si chiede dunque un computo
metrico e una stima più precisa dei costi». «Nelle infrastrutture strategiche,
la differenza di costo tra il progetto preliminare e il progetto definitivo,
anche in forza di prescrizioni, può crescere del 50% e anche di più». Occorre
dunque riconsiderare il rapporto costi-benefici.
“Mama vessel”. Sono i piccoli battelli attrezzati per
trasportare le cassette dall’off-shore in mare al porto interno. I tecnici
chiedono di verificare i costi di questo servizio, stimati in 100 euro a
container, e la loro incidenza sui costi generali.
Privati. Il Ministero propone che i finanziatori privati
siano coinvolti da subito, anche nella realizzazione della parte pubblica.
Le entrate. Le entrate per lo Stato sono stimate in 900
milioni di euro. Ma si tratta del valore delle opere di infrastrutturazione.
Quale sarebbe allora il vantaggio economico per lo Stato per realizzare
l’opera?
Risorse finanziarie. Chiarimenti vengono richiesti infine
sul fatto di come saranno garantite le procedure per fare arrivare i capitali
privati. 938 milioni di risorse pubbliche che dovrebbero attrarre 1250 milioni
di euro di risorse private. Di questi 948, 135 sono già stati stanziati dal
Cipe, altri 533 dovrebbero arrivare sempre dal Cipe, 280 nell’ambito del
cofinanziamento europeo Ten.Ent.
Iter. Il suggerimento finale del gruppo di lavoro del
Ministero è quello di «mandare avanti il solo stralcio funzionale del terminal
on-shore Montesyndial», per cui si sono già i finanziamenti pronti.
Nel caso di
approvazione dell’intero progetto con disponibilità finanziaria ridotta,
scrivono i tecnici della Stm, «non si avrebbe con ogni probabilità accoglimento
positivo dalla Corte dei Conti».

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