Porto del futuro, rivoluzione per
Marghera: via della seta con la Cina
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La Manhattan di Venezia sorgerà in riva alla laguna, sui 2
mila ettari della zona industriale. C’è scritto anche questo nelle linee del
nuovo Piano regolatore portuale, che per ora è ancora un libro dei sogni ma che
ha già cominciato a percorrere il suo cammino, e che il raggruppamento di
imprese D’Appolonia spa, Mtbs Maritime and Transport Business Solution B.V.,
Acquatecno srl, Studio Paola Viganò e Rina Service spa dovranno disegnare
avendo vinto il bando di gara internazionale da 1.5 milioni di euro.
L'altra
sera Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale veneziana (Apv), lo ha
presentato ad autorità e cittadini interessati al futuro di una parte
fondamentale della città che è interamente ambito portuale e che dai 40mila
lavoratori del 1970 è scesa agli attuali 16.483. Come ha detto Gianfranco
Bettin, presidente della Municipalità di Marghera, «è l’apertura di un percorso
che durerà a lungo, data la portata storica dell’atto da compiere».
Il piano regolatore attuale è del 1908, per la Marittima, e
al 1965 per Porto Marghera. Decisamente vecchio, considerato anche i
cambiamenti epocali che sono intervenuti in questi decenni, ai quali bisogna
rispondere con uno strumento moderno che dia risposte a molte questioni,
sollevate l’altra sera: l’impatto ambientale, sociale e industriale, come il
piano spingerà a cambiare organizzazione del lavoro e attività d’impresa, e
come riorganizzerà logisticamente il territorio intorno. Il nuovo Prg di
Marghera e della Marittima dovrà mantenere competitivo il porto da qui al 2050
tenendo conto di tutta una serie di fattori.
di Elisio Trevisan IL GAZZETTINO domenica 10 aprile 2016
Marghera come Manhattan?
Ecco sui giornali di oggi un’altro degli annunci fantasiosi
per i quali il sindaco Bugnaro sembra distinguersi. Con il nuovo piano regolatore
del Porto la zona di Marghera potrebbe secondo lui trasformarsi in “una
metropoli per affari e residenza come Manhattan” (citiamo dalla Nuova Venezia).
Per orientarsi nella faccenda occorre leggere almeno due articoli, che
riportiamo qui sotto. Il primo descrive il progetto di Paolo Costa di
trasformare il porto di Veneza in hub portuale planetario attraverso la
costruzione del porto offshore (costo due miliardi) e l’uso dell’entroterra di
Marghera come parcheggio per i milioni di container previsti.
Il progetto
considera la presenza della laguna come un ostacolo allo sviluppo, ostacolo da
superare con l’uso di grosse chiatte (i “mama vessel”) che dovrebbero
trasportare tre milioni di container l’anno.
Quanto a Marghera, il secondo articolo che riportiamo
riferisce lo stato disastroso dell’inquinamento sull’intera zona, chiamata
addirittura una nuova “terra dei fuochi”.
Da una parte non si vede come
potrebbe rinascere la zona con l’ingombrante presenza delle strutture portuali
e d’interscambio; dall’altra si ricordanno dall’alto mare alla gronda lagunare
di Marghera, che diventerebbe la sede delle ferrovie e autostrade che
dovrebbero a loro volta smistare i container verso il nord e l’est dell’Europa
(contro questo progetto sta battendosi la città di Trieste, che possiede i
fondali e le strutture portuali necessari).
l’urgente bisogno di lavori di bonifica prima di poter
parlare d’insediamenti sia produttivi sia residenziali. Aggiungiamo che
piuttosto che annunciare confuse rivoluzioni sarebbe forse opportuno presentare
un progetto di rinascita fondato sulla stupenda natura del territorio e su
un’analisi dell’economia locale e nazionale da incoraggiare attraverso la
creazione di incentivi da parte del governo nazionale.
La zona di Marghera ha
il potenziale per diventare una forza trainante per le economie italiane del
futuro, ma a condizione che si sia capaci di ragionare, pianificare e
comprendere di quale futuro si sta parlando.
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