giovedì 31 marzo 2016

UN ORIGINALE CONTRIBUTO PER L'ANALISI DEI PORTI DELL'ALTO ADRIATICO

Desidero intervenire nel dibattito politico che si è sviluppato sulla stampa, anche grazie allo stimolo di FAQ Trieste, fornendo un giudizio tecnico basato sull’analisi di alcuni semplici dati.

Qual’è il posizionamento del porto di Trieste nell’ambito dei porti del Nord Adriatico ?













Preferisco utilizzare questi dati in quanto le statistiche riferite alla movimentazione di container spesso nascondono un dato molto importante e cioè se quei container sono pieni o vuoti. Mi si dirà che la movimentazione di container vuoti è pur sempre un dato di traffico: secondo me fino ad un certo punto, in quanto per le Compagnie di Navigazione la movimentazione di container vuoti è un costo e basta; per gli spedizionieri non ha nessun interesse.

Non abbiamo la possibilità di fornire dati precisi sulla provenienza o l’origine di queste merci. Possiamo dire che le merci transitate per il porto di Trieste sono di origine o provenienza non italiana per circa il 75%. Possiamo immaginare che il porto di Capodistria lavori una percentuale ancora più elevata di merci non slovene; così come possiamo immaginare che il rapporto per il porto di Venezia si capovolga, con una percentuale di merci italiane preponderante.

Come mai il porto di Trieste non riesce a migliorare il suo risultato nelle merci varie in colli e soprattutto per le rinfuse solide ?

Le motivazioni sono molteplici: sicuramente incide ancora la carenza di servizi ferroviari convenienti per il trasporto di tale merci dalle origini italiane o comunitarie e viceversa. Questo è dovuto principalmente al fatto che le ferrovie italiane hanno ormai da parecchi anni rinunciato a fornire un servizio per il traffico diffuso (carri singoli, gruppi di carri) e garantisce il servizio solamente per treni completi. Possiamo ben immaginare l’imbarazzo di caricatori austriaci che non sempre hanno la possibilità di comporre treni completi con le loro merci, anche se si tratta di merci di massa come il legname, la cellulosa, la carta, i metalli, ecc.

Questo problema non sussiste per esempio in Slovenia.
Laddove i Caricatori sono stati in grado di organizzarsi con treni completi, il porto di Trieste è diventato competitivo anche su questo fondamentale comparto.

Un altro punto, sicuramente da tenere in considerazione, è quello sottolineato da Fabio Dominicini e cioè il differenziale del costo di trasporto camionistico fra Trieste e altri porti regionali: questa differenza incide molto su merci provenienti dalla Regione, mentre progressivamente si diluisce su percorrenze più lunghe. Ritorneremo dopo sull’argomento.

Infine incide notevolmente la disponibilità di spazi di stoccaggio delle merci che, per loro natura, richiedono normalmente aree maggiori rispetto ai traffici unitizzati. Ecco che può tornare utile la seguente scheda di raffronto fra le aree portuali nei principali porti nordadriatici:


superfice m2
banchine ml
Ravenna

1.789.350
13.587
Venezia

20.450.000
30.000
Trieste

2.304.000
12.000
Capodistria

1.104.500

Fiume

1.190.000


Il dato di Trieste include ancora l’area del Punto Franco Vecchio, che come tutti sanno è in via di sdemanializzazione e che da molti anni non è più adatta all’uso portuale e logistico.

Possiamo concludere che, non a caso Trieste è attualmente leader nelle merci che hanno una giacenza nulla o quasi nulla (petrolio nella pipeline) o breve (container e trailer).

Il problema della disponibilità di spazi attrezzati ai fini portuali e retroportuali è quindi un elemento fondamentale, non accessorio, per riposizionare sul redditizio mercato delle merci varie il porto giuliano, che attualmente sconta le scelte fatte negli anni passati sia per quanto riguarda l’abbandono del Punto Franco Vecchio, che per il rallentamento di tutti gli altri progetti di sviluppo portuale causati dalla mancata adozione del Piano Regolatore Portuale.

L’impulso impresso sull’iter del PRP da parte della Regione Friuli Venezia Giulia e dall’Autorità Portuale di Trieste dà motivo di sperare in un prossimo futuro migliore. Ma ancora dei passi avanti devono essere fatti in merito all’abbattimento dei capannoni multipiano al Punto Franco Nuovo e al nuovo layout dello scalo. Mentre risultano già evidenti i benefici di aver vincolato l’Interporto di Fernetti all’attività portuale e questo dà forza e motivazione per procedere in tal senso anche allo scalo di Prosecco ed alla stazione di Opicina Campagna.

Rapporti con Venezia e Capodistria: rampa di lancio o abbraccio mortale ?

Dal punto di vista degli operatori, la sinergia fra i porti sembra essere l’unica via per una strategia di successo su un mercato globale, che stenta a localizzare il mar Adriatico sul mappamondo, ma che quando gli si mostra i nostri porti sulla cartina geografica ne intuisce subito la funzione di alternativa ai porti del Nord Europa per l’accesso ai mercati dell’Europa centrale ed orientale.

In astratto quindi sarebbe da condividere ed ampliare a tutti i porti dell’Adriatico Settentrionale quanto sostenuto dal candidato sindaco Roberto Dipiazza, che ha scritto “La realizzazione di un sistema portuale integrato tra Venezia e Trieste, per essere realmente competitivi con i porti di Amburgo e Rotterdam”. Non si tratta di difendere Venezia o Trieste sulla base di un TEU in più o in meno, ma di realizzare una complessiva strategia di crescita per diventare la porta principale di tutti i traffici nell’Alto Adriatico”.

In astratto…

Ma il segreto di un buon matrimonio sta nella condivisione delle regole della famiglia, oltre che nella volontà reciproca di sopportarsi e sostenersi.
Sulla palese mancanza di volontà di Capodistria non dico di sposarsi, ma almeno di fidanzarsi con Trieste non mi soffermerei troppo. D’altronde più volte si è detto dell’impossibilità di concludere questo matrimonio seguendo Trieste il modello di privatizzazione dei terminal portuali introdotto in Italia dalla legge 84/94, mentre Capodistria rimane gestita da un'unica società saldamente nelle mani dello Stato sloveno.

Ma dal punto di vista della politica economica portuale è forse ancor più radicale la diverso interpretazione dello stesso ordinamento legislativo da parte dei porti di Venezia e di Trieste.

Il primo punta tutta la sua sopravvivenza sulla realizzazione del porto off-shore, la cui progettazione è stata finanziata con denari pubblici. Progetto che al momento non ha trovato alcun operatore privato disposto a finanziarlo; si dovrebbe quindi supporre che anche la sua costruzione dovrebbe essere posta a carico delle finanze pubbliche. 

Il secondo che, in base alla visione proposta dal primo giorno di lavoro del suo commissario straordinario Zeno D’Agostino – e che personalmente condivido e apprezzo -  punta subito alla valorizzazione delle proprie peculiarità, piuttosto che al cemento, lasciando ai terminalisti privati di investire in un quadro garantito dal Piano Regolatore Portuale. Ed i terminalisti non si sono tirati indietro: 188 milioni di euro per l’ampliamento del terminal container da parte di Trieste Marine Terminal; 9 milioni di euro per la trasformazione del molo V da parte di Samer Seaports; 15 milioni di euro investiti dalla EMT sul Molo VI; 5 milioni di euro all’anno investiti da SIOT per il terminal petroli e altrettanti da TAL per la pipeline che collega Trieste con il centro Europa. 

Unica opera cofinanziata dallo Stato e dai privati risulta al momento essere la Piattaforma Logistica per la realizzazione della quale sono previsti 102 milioni pubblici e 30 milioni privati. Comunque meno di quanto investito dallo stato sulla sola progettazione del porto off-shore veneziano.

Non con il cuore, quindi, ma con la mente dobbiamo al momento rinviare il progetto di matrimonio di successo con Capodistria e con Venezia e pensare a rafforzare Trieste con le forze di cui disponiamo.

Viribus Unitis

Un omaggio doveroso all’imperatore Francesco Giuseppe, di cui ricorre il centenario della morte e le cui iniziali sono scolpite sulle banchine del Punto Franco Vecchio, mi porta alla conclusione di questo mio intervento:




Il ruolo di porto core del sistema portuale regionale non è messo in discussione più da nessuno. L’evoluzione dei traffici ha determinato che la dotazione naturale dei fondali, la tradizionale propensione verso i mercati internazionali, l’infrastrutturazione ferroviaria che ha connotato il porto di Trieste dalla sua fondazione siano le armi vincenti.
La presentazione del porto di Trieste agli imprenditori regionali (Pordenone prima, Udine poi) dev’essere letta in questa chiave. Ovviamente gli industriali regionali hanno sempre utilizzato il porto di Trieste, che da sempre è stato proposto alla clientela, anche da noi spedizionieri triestini e regionali. Qui si tratta di altro: di prendere atto possiamo farcela solo se mettiamo assieme le forze.
Come giustamente ha scritto Fabio Dominicini su questo blog, “abbiamo da un lato Capodistria, che drena buona parte del traffico proveniente dal sud-est europeo e dall' altro Venezia, che risulta più conveniente per distanze chilometriche per le aree del Veneto, del Trentino, Emilia-Romagna ed anche parte del FVG”.
Non solo, ma soprattutto nel settore delle merci varie e delle rinfuse solide, come si è visto in base alle statistiche sopra riportate.
Nell’attesa che i nostri competitors cambino le loro politiche portuali, abbiamo la necessità di riconquistare tonnellata per tonnellata per indurli a farlo.
E abbiamo bisogno di tutte le nostre forze: total recall !

Monfalcone è una scelta vincente per traffici car carries, ro/ro e per merci varie e di massa: il miglioramento del lay out ferroviario e la creazione di aree coperte di stoccaggio sono emergenze che possono essere affrontate.

Porto Nogaro è un porto ideale per le merci varie in colli e di massa destinate o provenienti dal Mediterraneo e dal Mar Nero. Flessibilità operativa e costi ridotti sono armi vincenti su quel mercato; il differenziale di costo di trasporto camionisitico di cui si è detto sopra si riduce per le merci destinate o provenienti dai distretti industriali regionali. Le merci che utilizzano Porto Nogaro alternativamente potrebbero andare a Chioggia o a Capodistria, non a Trieste o Venezia, difficilmente a Monfalcone.

Il sistema interportuale retrostante da Fernetti a Pordenone passando per Cervignano ha ancora sufficiente capacità ricettiva.
E’ il momento di unire le forze regionali, di diventare fulcro del sistema, centro di un’area metropolitana basata sull’economia, soprattutto del mare, e non brutta fotocopia di uno statuto provinciale. 

Viribus Unitis. *


* pubblichiamo volentieri questo documentato contributo di un operatore ed esperto del settore. Presentiamo i dati e i ragionamenti invitando il lettore a farsi una opinione e a dare un giudizio al di la dell'autore in modo di evitare dietrologie e concentrare l'attenzione sul contenuto. Con questo nobile proposito acconsentiamo al fatto che nostri esperti e collaboratori usino sul nostro blog una sorta di nickname o pseudonimo. FAQ TRIESTE


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