lunedì 7 marzo 2016

FERRIERA : COSOLINI E DIPIAZZA A CONFRONTO

NEL 2010 QUANDO DIPIAZZA ERA SINDACO E COSOLINI IL SEGRETARIO PROVINCIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO LOCALE 








Potrebbe essere interessante fare un piccolo viaggio nel passato e rileggere le cronache del quotidiano locale del giorno dopo


La Regione riapre il tavolo sulla Ferriera

di PIERO RAUBER

Più che di tavolo riaperto, è più calzante parlare di tavolo riesumato, tanta è stata l’acqua che, nel  frattempo, è passata sotto i ponti: dai disastri
occupazionali figli della crisi, che nel 2009 hanno spostato altrove il mirino della Regione, al più recente rompicapo attorno alla vendita di Lucchini da parte di Severstal. 

La notizia, stringi stringi, è che il 23 marzo - e proprio in Regione - si tornerà a discutere di Ferriera, tra istituzioni e parti sociali, tutte convocate ufficialmente allo stesso tavolo, per l’appunto, dall’amministrazione Tondo. Sarà trascorso un anno (più dodici giorni) da quell’11 marzo 2009, quando il governatore Renzo Tondo riunì per l’ultima volta azienda, Assindustria, enti locali e sindacati. Poi il silenzio. 

L’obiettivo, al tavolo del 23 marzo 2010, non sarà diverso da allora: condividere un percorso di riconversione industriale e di ricollocazione dei 500 dipendenti, più i 400 dell’indotto, in vista della chiusura della Ferriera. Che potrebbe essere celebrata nel 2015 o forse già nel 2013, data di scadenza della famosa Aia, l’Autorizzazione intregrata ambientale.

L’annuncio della riapertura del tavolo l’ha dato ieri pomeriggio Alessia Rosolen,  l’assessore regionale al Lavoro, nel suo intervento all’assemblea pubblica organizzata nell’aula magna del liceo  Dante dalle Rsu dello stabilimento servolano. 

«Se necessario - ha detto la Rosolen - la Regione interverrà con fondi propri e una legge ad hoc o verificando la possibilità di sottoscrivere con il governo un accordo di programma quadro per la conversione della Ferriera. Trieste non può vivere continuamente di emergenze, ambientali e occupazionali».

All’assemblea, per la cronaca, hanno preso parte i segretari confederali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl e altri alti quadri sindacali. 

Eppoi politici a palate. 

Dal sindaco Roberto Dipiazza al predecessore della stessa Rosolen in Regione, l’attuale numero uno del Pd Roberto Cosolini, passando per la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. 

Non è un azzardo dedurre che, di Ferriera e dopo-Ferriera, la politica e le istituzioni sono tornate a parlare ieri non su propria iniziativa, ma su pungolata dei rappresentanti dei lavoratori di Servola, cioè i promotori di quest’iniziativa nell’aula magna del Dante. 

Ed è stato, per certi versi, il primo atto pubblico della lunga volata elettorale verso il voto amministrativo dell’anno prossimo. «Il futuro dei lavoratori della Ferriera non è un problema che si risolve con gli ammortizzatori sociali», hanno insistito in particolare Franco Palman per la Uilm e Umberto Salvaneschi per la Fim, polemizzando con il sindaco. 

«È vero, nel mio programma c’era la chiusura della Ferriera - ha esordito Dipiazza - poi è successo qualcosa che si chiama crisi, e abbiamo cambiato atteggiamento pregando Iddio che non capitassero le cose capitate nel Pordenonese e in Friuli. 

Credo che di prospettive ce ne siano, il rigassificatore e l’indotto, il Silos, il Porto Vecchio... Io sto lavorando perché tutti voi un domani  abbiate un posto di lavoro». 

Gli applausi, tiepidi e da una costola della sessantina di operai presenti al Dante, hanno cancellato un paio di insulti indirizzati proprio al sindaco e partiti da alcune sedie occupate sempre dagli operai. Insulti che il primo cittadino ha fatto finta di non sentire e che sono stati zittiti dalle Rsu. 

Applausi un po’ più forti per Bassa Poropat e Cosolini, che hanno risposto a Dipiazza, il quale ormai se n’era andato per impegni concomitanti «in Soprintendenza». 

«Possiamo fare delle Rive bellissime ma con quelle non creiamo posti di lavoro», ha ironizzato la numero uno di Palazzo Galatti. Gli ha fatto eco il segretario del Pd: «Un territorio come Trieste non può vivere senza industria, non possiamo mettere 500 custodi al Parco del mare. E non si può dire che se le cose vanno male è colpa della crisi, e che se vanno bene è merito mio...». La campagna elettorale verso il 2011 è cominciata. E la Ferriera sarà ancora una volta un banco di prova.

«Operai pronti all’autogestione»

«A estremi mali estremi rimedi». Recita un detto che sa di provocazione, il volantino distribuito ieri pomeriggio dalle Rsu durante l’assemblea pubblica, che evoca  ’autogestione a regime minimo di tutta la fabbrica, con possibili rischi dentro e fuori. «Se domani o in qualsiasi altro giorno - si legge nel volantino - noi lavoratori venissimo a conoscenza dell’avvio della chiusura del nostro stabilimento, e in quella data non dovesse essere chiaro e immediatamente applicabile il piano di  riconversione occupazionale di tutti i dipendenti... i lavoratori della Ferriera di Servola si adopereranno a una gestione autonoma degli impianti. 

Tutti i lavoratori abbandoneranno lo stabilimento, mantenendo un presidio interno e, da quel momento, la nostra opera sarà quella di informare tutti i cittadini del pericolo che questa situazione determina».

E di Ferriera s’è tornato a discutere mercoledì in Consiglio comunale, ma senza  risultati bipartisan.  La mozione dell’ex operaio Roberto Decarli, sottoscritta dal centrosinistra, è stata bocciata dopo vani tentativi di mediazione. Sono passate invece le mozioni della Lega e del resto della maggioranza, di cui era prima firmataria la capogruppo di An Angela Brandi. La mozione padana è stata la più votata, «presumibilmente perché affrontava tutto il problema occupazionale e non solo della Ferriera», ipotizza il capogruppo leghista Maurizio Ferrara. Dei quattro voti in più raccolti dal documento del Carroccio, tre sono venuti dai Bandelli boys, che si sono astenuti sulla mozione Decarli e hanno votato contro la Brandi. (pi.ra.)

«Bonifiche, l’accordo offre certezze»

Le imprese contestano la spartizione degli oneri per le bonifiche? «La costruzione  giuridica dell’accordo di programma per Trieste ricalca quella di analoghi protocolli per Mantova, Brindisi, Priolo e Napoli. Mica può valere una regola diversa solo perché questa è la mia città...». Cresce il fronte del no al rigassificatore? «Sostenibilità ambientale e salute pubblica sono elementi non negoziabili. Il parere di Via, che dipende da una commissione tecnica del ministero, non è una carta che si può comperare. Certe allusioni sono inaccettabili». 

Se c’è una cosa che in Roberto Menia non difetta è la schiettezza, che talvolta fa rima con ruvidezza, con la quale si rivolge a qualsiasi tipo d’interlocutori. Capita così che davanti ai soci del Rotary Club Trieste riuniti per il pranzo del giovedì al Savoia - e quindi davanti a parecchi rappresentanti di quel mondo dell’imprenditoria cui l’accordo di programma sul Sito inquinato fa storcere il naso - il sottosegretario all’Ambiente ripete esattamente ciò che pensa. «Quella delle bonifiche - premette Menia - è una storia fin troppo lunga. La mia volontà è di chiudere presto e bene. 

Rispetto al principio ”io non ho inquinato e quindi non pago”, faccio solo presente che se abito al secondo piano e le infiltrazioni del terzo piano passano per casa mia e arrivano al primo, quello del primo si rivarrà su di me, non su quello che sta al terzo. Noi diamo la possibilità di aderire a un accordo che dà certezze ed è duttile, perché nel momento in cui un privato vi aderisce noi sblocchiamo la sua area e perché il danno ambientale si può pagare in dieci anni senza interessi convertendolo in investimenti. L’accordo di programma, nella sua ultima versione, pianifica una cifra complessiva di 487 milioni, di cui 197 di fondi pubblici subito disponibili. Non vedo che benefici. 

E sono anche un po’ sconcertato dall’atteggiamento della mia amica Regione». Ma alle parole potenzialmente scomode seguono quelle in linea di massima più gradite, rimanendo tra le file imprenditoriali. 

L’argomento: il rigassificatore. Anzi: l’utilità del rigassificatore, caldeggiata dallo stesso sottosegretario all’Ambiente. «La Prefettura e gli enti preposti - assicura Menia ai commensali - hanno già predisposto i piani d’emergenza, i vigili del fuoco hanno già escluso quello che chiamamo effetto domino, il decreto di compatibilità ambientale prevede 26 pagine di prescrizioni a carico del soggetto proponente e lo stesso presidente dell’Autorità portuale Boniciolli ha detto che 120 navi gasiere in un anno non incidono sulle attività portuali». Quanto al contenzioso con la Slovenia «continuo a ritenere che le obiezioni ambientali siano motivate da ben altri interessi». 

E il tavolo tecnico di docenti ed esperti? «Anche se quattro signori si siedono a un tavolo, con tutto il rispetto non c’è nulla di più indipendente, nel dare certi giudizi, delle strutture dello Stato». In definitiva: «Siamo a un bivio, possiamo ancorare Trieste al passato o a un presente tranquillo da pensionati e pensionandi, o mollare finalmente gli  ormeggi».

(pi.ra.)

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