martedì 23 febbraio 2016

SUL DECRETO LEGGE " GOVERNANCE DEI PORTI " VLADIMIRO MANOCCI LIVORNO

PUBBLICHIAMO VOLENTIERI QUESTO INTERVENTO DI VLADIMIRO MANOCCI FRESCO DI STAMPA DALLA GAZZETTA MARITTIMA DI LIVORNO che in modo schematico mette in luce alcune contraddizioni e critica il Decreto Legge sulla governance dei porti. Invitiamo i nostri lettori triestini in particolare a fare attenzione ad alcuni passaggi e all'esempio che lo stesso Manocci fa sull'Autorità di Sistema Portuale di Livorno pensando alle fusioni e agli accorpamenti che vengono proposti per con i porti regionali del Friuli Venezia Giulia . 
Troverete in questo testo delle osservazioni critiche che andrebbero verificate anche riguardo al porto triestino e al sistema portuale regionale abbandonando quella soddisfazione acritica generale sui temi della riforma della portualità che i media locali, Piccolo in testa, hanno garantito in omaggio alla presidente Serracchiani che è anche responsabile trasporti  e vicesegretaria del Partito Democratico.

Finalmente è uscito il testo ufficiale dello schema di Decreto Legge di modifica alla L. 84/’94. Dopo tanti documenti apocrifi possiamo ora discutere davanti all’ufficialità dell’Atto di Governo. 

Il pronunciamento di “illegittimità costituzionale” dell’art. 29 del c.d. “decreto sblocca Italia” da parte della Consulta, lascia presupporre che prima di essere
emanato il DL in questione, si debba convocare la conferenza Stato Regioni per un’adozione in linea con la Costituzione, essendo quella portuale “materia concorrente” fra Stato e Regioni 

Una volta espresso il parere dalla Conferenza il decreto potrà essere emanato. A quel punto la palla passerà al Parlamento che entro 60 giorni dovrà convertirlo in Legge con o senza modifiche. Nessuna pregiudiziale ideologica alla riduzione delle Autorità, alla necessità di superare quei “colli di bottiglia” dati sia da infrastrutture inadeguate e farraginose procedute burocratiche. Ma queste sono solo buone intenzioni, ma come dice un vecchio proverbio: “di buone intenzioni sono lastricate le strade dell’Inferno.

Se dobbiamo fare delle valutazioni politiche rileviamo l’assenza di organicità rispetto ad un tema molto complesso ed articolato come quello di riordinare il sistema portuale nella sua intierezza. Questo moncone di legge riguarda infatti solo la “governance” dei porti.

Contradittoria natura del nuovo Ente

Il primo elemento di forte cambiamento sta nella riduzione e trasformazione delle Autorità Portuali, che diventano “Autorità di Sistema Portuale “. 

Anche nel nuovo testo l’ASP è classificato come “ente pubblico non economico di rilevanza nazionale ad ordinamento speciale”, in altri passaggi, questo status sembra essere messo in discussione. 

Infatti si passa da un modello di amministrazione partecipata al più tradizionale modello di Ente Pubblico. Il Ministero non solo “vigila” sul nuovo Ente, ma assume anche funzioni di “indirizzo”. 

Al costituendo ”tavolo nazionale di coordinamento delle AdSP ” vengono, fra l’altro, attribuiti poteri in ordina a “scelte di pianificazione urbanistica, in ambito portuale, le strategie di attuazione delle politiche concessorie del demanio marittimo nonché le strategie di marketing e promozione dei mercati internazionali del sistema portuale nazionale” 

Questo nuovo organismo non è altro che l’attuale Assemblea di Assoporti, fra l’altro presieduto da una persona “nominata con decreto del Presidente del Consiglio su proposta del Ministro dei trasporti e delle infrastrutture, avente comprovata esperienza e qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale.” 

A questo nuovo organismo sono affidati compiti che istituzionalmente dovrebbero essere svolti dalla Direzione Generale del MIT, situazione questa che rischia di generare non pochi problemi che condurrebbero in tutt’altra direzione rispetto alla “semplificazione” necessaria.

Distanti dal modello europeo

Questo disposto combinato non ha alcun riferimento con i modelli europei, sia del Northern Range che del Southern Range. 

Nei primi le Autorità Portali, sono in prevalenza emanazioni dei Comuni delle Città Stato ed hanno poteri molto più incisivi rispetto alle vecchie Autorità Portuali e tanto più adesso delle AdSP. 

Nel modello Spagnolo, con le sue 28 Autorità Portuali, abbiamo l’ente “Puerto del Estado, che individua le strategie generali e in questo contesto decide le priorità di allocazione delle risorse finanziarie pubbliche. 

Facciamo fatica a pensare che il “Puerto del Estado” spagnolo possa svolgere scelte di pianificazione dei porti sede di Autorità Portuali nelle materie sopracitate che rimangono saldamente di pertinenza a livello portuale. 

Infine manca un elemento essenziale presente in tutta la portualità europea, esclusa l’Italia: 

L’” autonomia finanziaria” delle AdSP. 

Quindi si passa da un sistema puntiforme, come quello attualmente in vigore, ad uno iper centralista e neo dirigista come quello che si delinea nello schema di DL. Ad esempio non è comprensibile con quali strumenti si realizza l’obiettivo più volte enunciato dal Governo: di costituire un’Autorità di distretto logistico che possa intervenire non solo in termini sistemici fra le varie realtà portuali, ma soprattutto non sono chiari i sistemi di relazione attiva con i territori e le loro infrastrutture che dovrebbero costituire il distretto logistico. 

Un esempio, nel sistema livornese faranno parte del nuovo organismo che sostituisce il Comitato Portuale, cioè il Comitato di Gestione: il Presidente dell’AdSP, nominato dal Ministro in accordo con il Presidente della Regione) da un componente designato dalla Regione Toscana, un componente designato dal Sindaco di Livorno, uno designato dal Sindaco di Piombino e un rappresentante dell’Autorità Marittima che può votare solo nelle materie di sua competenza. Rimarranno fuori i comuni di Rio Marina, Portoferraio, Capraia e Collesalvetti. 

Un dato non coerente con il forte dimensionamento territoriale che costituirà questo nuovo Ente e tanto più con l’obiettivo di realizzare distretti logistici collegati con il territorio. 

A questo va aggiunta la fumosa formulazione del comma 12 dell’art 6 che pur riconfermando il divieto per le AdSP di svolgere “ne direttamente, ne indirettamente ne tramite società partecipate, operazioni portuali e attività ad esse connesse”, non prevede in modo chiaro che le AdSP possano “costituire, ovvero partecipare a società esercenti attività accessorie rispetto ai compiti istituzionali delle Autorità medesime ai fini della promozione e dello sviluppo dell’intermodalità della logistica e delle reti trasportistiche”. 

Infatti viene usata una formulazione fumogena: “… Con le modalità e le procedure di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni, l’AdSP può sempre disciplinare lo svolgimento di attività e servizi di interesse comune e utili per il più efficace compimento delle funzioni attribuite, in collaborazione con Regioni, enti locali e amministrazioni pubbliche, ivi compresa l’assunzione di partecipazioni in iniziative pubbliche”. A questo proposito è calzante l’esempio della partecipazione dell’Interporto Amerigo Vespucci da parte dell’Autorità Portuale, che potrebbe trovare degli ostacoli.

Partecipazione

Da La Spezia, i rappresentanti degli imprenditori hanno espresso la propria contrarietà all’azzeramento delle rappresentanze sociali che saranno relegate nel fantomatico e ridondante “tavolo di partenariato della risorsa del mare” nel quale ci sarà di tutto e di più. Per questo motivo difficile da gestire e sicuramente improduttivo. 

Lo stesso vale per l’altro organismo consultivo il “tavolo del Cluster Marittimo”, costituibile là dove l’AdSP dovesse essere formata da più porti “core” di interesse europeo. Forse era meglio mantenere le Commissioni Consultive, magari modificate, ma sempre in condizione di poter fare una sintesi rispetto alle problematiche aperte. 

Ci sarebbero altre criticità da analizzare ma ci vorrebbe troppo spazio. Possiamo di certo anticipare con questa impostazione si concentreranno le decisioni in capo a pochi soggetti, si rafforzerà il concetto di “casta” e di ceto politico nella sua versione negativa. Tutto questo è un terreno fertile per l’acuirsi di conflitti sociali che fino ad oggi avevano trovato un loro compensazione in un assetto partecipativo. Esiste però una negativa coerenza con la visione autoritaria di questo Governo espressa sia nelle c.d. riforme costituzionali, nella legge elettorale ecce cc. Vediamo quale sarà il contributo del Parlamento per migliorare il testo del D.L.!


Vladimiro Mannocci

Segreteria PRC Livorno

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