malgrado la domanda non mi sia stata posta direttamente, vi
rispondo con piacere. E, come sempre e contrariamente ad altri, mettendoci
firma, faccia e connesse responsabilità.
Il giornalista è uno solo ed evidentemente il senso dei due
articoli citati non è stato compreso.
Provo a ri-spiegarli.
Quello di aprile riguardava la procedura EU Pilot aperta
mesi prima dalla Commissione Europea sul caso di 3 concessioni triestine (proroga
di TMT e Siot, rilascio di Teseco).
All’epoca non esisteva alcun dibattito né
ovviamente alcuna bozza del regolamento sulle concessioni portuali che il MIT
da 21 anni deve emanare per ottemperare al dettato dell’84/94 e superare
l’attuale assetto normativo che disciplina il tema, risalente a norme che hanno
dai 70 ai 20 anni.
Ogni porto infatti utilizzava senza problemi le regole
esistenti.
Vale la pena ricordare i casi coevi di porti e terminal importanti
almeno quanto i 3 triestini: il TDT di Livorno, l’LSCT e il TdG di La Spezia
etc., tutti rinnovati senza gara, senza pubblicità e via dicendo.
Chissà perché, però, Bruxelles eccepì solo sul caso
triestino?
La procedura EU Pilot, come è facile intuire e come spiega
la stessa Commissione (clicca per leggere), non viene in genere sollevata d’ufficio dalla
Commissione. Specialmente per casi così puntuali come 3 concessioni in un unico
porto, di cui ovviamente Bruxelles nulla sa se qualcuno non la imbecca.
Tutti
sanno invece che ciò è avvenuto per Trieste e forti sono gli indizi sulla mano
dell’estensore, sebbene la mancanza di prove abbia per ora impedito di farne il
nome.
Per questo ho scritto e ribadisco ora che da istituzioni
democratiche mi aspetterei chiarezza e
quindi pressione sulla Commissione per conoscere la delazione. Che ha
evidentemente danneggiato Trieste (dove non si è potuto procedere come si è
proceduto in altri porti italiani nello stesso periodo) all’esclusivo fine
politico di screditare Monassi.
Può piacere o non piacere, ma è un fatto che
Monassi, con bilanci in ordine e traffici in crescita, non è stata confermata,
utilizzando anche il pretesto dell’apertura EU Pilot, laddove altri presidenti
(vedasi ad esempio l’incredibile caso di Civitavecchia) continuano a restare in
sella cascasse il mondo.
Veniamo al secondo articolo. Ma per correttezza verso i
lettori di Faq, che non sono stati edotti al riguardo, riassumo quanto accaduto
nel mentre.
Come tutti sanno, eliminata Monassi e subentrato D’Agostino,
la procedura Eu
Intanto, però, siccome a Genova c’è una Procura piuttosto
incarognita su temi portuali, quando Merlo l’estate scorsa si è vista arrivare
una sfilza di richieste di rinnovi (i terminalisti sanno che la cuccagna prima
o poi finirà e si stanno affrettando a mettere radici), consapevole della
totale incompatibilità dell’ordinamento italiano in essere con quello
comunitario, si è comprensibilmente cagato addosso e, prima di provvedere, ha
chiesto lumi al Ministero, forte del fatto che lo stesso Ministero è da 21 anni
inadempiente al riguardo (vedasi art.18, l.84/94).
E il Ministero, renzianamente, ha detto: “Tranquilli, dateci
poche settimane e ci pensiamo noi, facciamo il regolamento in un attimo e ci
facciamo dare pure l’imprimatur dalla Commissione”. Lo hanno fatto ed è un
pasticcio ( a fine pagina trovi l'articolo). Tale che è chiaro a tutti che presentandosi a
Bruxelles con un simile scempio (e fardellati delle schifezze illiberali in materia
di autostrade, banche etc) l’esito è scontatamente negativo.
Ora, al di là del fatto che a scrivere quanto sopra è stato
il vicedirettore del Corriere della Sera e non il sottoscritto, che l’abbiano
fatto o meno (di sottoporre la cosa a Bruxelles) non c’è certezza (a breve
pubblicherò un articolo al riguardo).
Resta il fatto che sottoscrivere proroghe
PENDENTE L’EMANAZIONE DEL REGOLAMENTO (qui sta la differenza di opportunità;
nel merito penso che fosse una schifezza anche quando a farla era Monassi, perché
l’assetto normativo vigente non garantisce la massimizzazione dell’utilizzo di
un bene pubblico né la trasparenza: voi conoscete il canone che Maneschi ed
Aponte pagheranno per i prossimi 60 anni…?) è una scelta che alcuni hanno fatto
(Trieste, ma anche La Spezia e Savona) e altri no (Genova: secondo voi perché
Merlo si è dimesso dopo 8 anni a due mesi dalla fine del mandato?).
Ognuno se ne assumerà le relative responsabilità. Che
potranno anche essere nulle, perché sono molti i casi in cui la Commissione ha
sorvolato sulle magagne corporative, italiche e non. Nulla dice che anche
stavolta non la si faccia franca.
In tutto ciò TMT è un terminal
importantissimo e Trieste ha la peculiarità che l’intera faccenda è stata
esaltata dalla governatrice della Regione. Che, caso vuole, è anche
vicesegretario nazionale e responsabile nazionale trasporti e infrastrutture
del partito di Governo.
Ergo, tutto ciò, spero ne conveniate, è una storia, una
storia vera, comprovata e interessante. E noi giornalisti (in senso generale,
eh, mica siamo due con lo stesso nome…!) di mestiere raccontiamo storie, meglio
se vere, comprovate e interessanti.
Firmando. E assumendocene le conseguenti responsabilità.
Saluti cordiali
Andrea Moizo
NOTA DI FAQ TRIESTE : Ringraziamo Andrea Moizo per la gentile risposta alla nostra chiamata in causa. In un post precedente avevamo messo a confronto due suoi articoli dello scorso anno di date diverse ponendo alcune domande e spingendoci a ipotizzare che ci fossero due giornalisti con lo stesso nome. Andrea ha compreso lo spirito di sincera curiosità della nostra " provocazione " e ci ha inviato questo testo.
LA STESSA CONCESSIONE - LO STESSO GIORNALISTA - DUE VERSIONI ?
LA STESSA CONCESSIONE - LO STESSO GIORNALISTA - DUE VERSIONI ?
Sulla questione delle firme degli articoli abbiamo verificato con una telefonata che non si riferiva a noi di FAQ TRIESTE che continuiamo a non firmare gli articoli ( seguendo la tradizione di giornali molto importanti quali L'ECONOMIST o l'italiano PANORAMA del periodo " i fatti distinti dalle opinioni ) visto che sono il frutto di un lavoro di gruppo. D'altra parte le nostre firme sarebbero equivalenti al comune Mario Rossi.
ANDREA MOIZO : Nato a Genova nel 1979. Studi classici e laurea in economia e commercio: il giornalismo ne è il trait d’union. Inizia collaborando con l’edizione genovese di Repubblica, occupandosi e specializzandosi in economia portuale e dei trasporti. Esperienza che lo porta ad entrare nella redazione della rivista specializzata Ship2Shore, di cui oggi è una delle principali firme. Hacollaborato e collabora con Ship2Shore, Gli Stati Generali, Il Secolo XIX, Primocanale, Il Fatto Quotidiano, Linkiesta, Porto e Diporto, La Repubblica Genova, Il Giornale (ed. Genova), Il Corriere Mercantile.
Di seguito l'articolo citato nella risposta di Andrea Moizo
Ecco il regolamento sugli art.18: aggiornati gli obblighi di
pubblicità delle istanze e disciplinati il legame al Piano Nazionale e il ruolo degli investimenti
effettuati per proroghe e subentri
Atteso da 21 anni e annunciato da settimane dal Ministro dei
Trasporti Graziano Delrio, il decreto sulle concessioni terminalistiche
portuali ex art.18 previsto (ma mai elaborato) dalla Legge 84/94 sembra essere
in dirittura di arrivo e Ship2Shore ha potuto visionare quella che risulta
essere l’ultima bozza prima del varo definitivo.
Sui nodi di maggior interesse per la categoria il decreto sembrerebbe
andare incontro ai desiderata dei terminalisti. Innanzitutto si specifica che
“le concessioni di aree portuali non sono considerate concessioni ai sensi della Direttiva2014/23/UE” e che “non
sono pertanto assoggettate alla normativa nella stessa contenuta”.
Ancor più importante per i terminalisti, desiderosi di
assicurarsi la disponibilità delle aree per il maggior tempo possibile, il
regolamento non prevede alcuna indicazione sulla durata massima delle
concessioni, sebbene la Legge 84/94 pretendesse il contrario. E, per giunta,
demanda ad un ulteriore successivo decreto (da emanarsi entro 60 giorni)
l’individuazione dei “canoni minimi di cui deve essere previsto il pagamento da
parte dei concessionari in relazione alle diverse tipologie di beni oggetto di
concessione”, anche in questo caso sviando alle previsioni della Legge 84/94.
Il decreto aggiorna poi le forme di pubblicità da darsi alle
istanze di concessione e di proroga (ferme al 1952), rimandando
fondamentalmente al Codice degli Appalti (che peraltro è attualmente oggetto di
revisione da parte del Legislatore), disciplina la presentazione di eventuali
osservazioni o offerte concorrenti e
attribuisce un ruolo determinante al Piano Nazionale Strategico della
Portualità e della Logistica (PNSPL) e al Ministero delle Infrastrutture dei
Trasporti.
Sarà quest’ultimo, infatti, a pronunciarsi entro 60 giorni
dalla relativa sottoposizione da parte dell’Autorità concedente, qualora le
richieste riguardino concessioni superiori ai 15 anni, sulla “valutazione della
loro coerenza con le previsioni del PNSPL” e della “proporzionalità tra il
Piano delle attività e degli investimenti proposto e la durata della concessione
richiesta”.
Ma la coerenza col PNSPL è anche il primo criterio di cui
l’Autorità concedente dovrà tener conto in caso di valutazione di domande
concorrenti. Gli altri, in ordine decrescente, sono gli investimenti
infrastrutturali e sovrastrutturali e la loro struttura di finanziamento, gli
obiettivi di traffico e di sviluppo della logistica portuale/retroportuale e
della modalità ferroviaria, il piano occupazionale comprendente il piano di
utilizzo della manodopera temporanea (cioè, sembra evincersi, più si prevede di
utilizzare l’art.17, meglio è), la sostenibilità e l’impatto ambientale.
Accontentati i terminalisti anche sul tema rinnovi. Il
regolamento non introduce alcun obbligo di gara alla scadenza della
concessione, consentendo invece ai terminalisti incumbent, trascorsi almeno i
tre quarti del periodo di durata della concessione, di chiedere una proroga,
rispettando i criteri già descritti per le domande ex novo (pubblicità e valutazione
del MIT in caso di durate richieste superiori ai 15 anni). Non è tutto, perché,
come auspicavano i terminalisti, in caso di domande concorrenti alla proroga
chiesta dai concessionari uscenti, si dovrà tenere conto “degli investimenti
già effettuati dal concessionario nell’area in concessione o comunque in
funzione dell’attività portuale ivi svolta”. Inoltre, nel caso di
avvicendamento fra concessionari, l’uscente “avrà altresì diritto ad un indennizzo
da parte dell’autorità concedente qualora questi abbia svolto investimenti in
relazione al valore dei beni non amovibili realizzati o acquistati per
l’esercizio della concessione demaniale aggiuntivi rispetto a quelli previsti
nel Piano delle attività”.
Da ultimo il decreto disciplina l’attività di verifica delle
Autorità concedenti, stabilendo che ogni due anni venga valutata la “concreta
attuazione del Piano delle attività e degli investimenti presentato dal
concessionario” e che ne venga dato conto al MIT. “In caso di sottoutilizzo per
negligenza o scarsa capacità imprenditoriale, pur in presenza di fattori
esogeni trainanti e di dinamiche di mercato complessivamente positive” le
Autorità concedenti potranno avviare procedura di decadenza o revoca.
Unico argomento che forse i terminalisti avrebbero voluto
vedere regolato diversamente da come lo è adesso e che invece non viene toccato
dal decreto è il divieto, previsto espressamente dal comma 7 dell’art.18
dell’84/94, della titolarità di due concessioni differenti per lo svolgimento
della medesima attività nell’ambito dello stesso porto.
Andrea Moizo
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