Porti, la Corte Costituzionale impallina la riforma
....... LO SBARRAMENTO DI "QUOTA 14".
Delrio si era
inchiodato a quota 14 in nome del solito espediente del “vincolo esterno”
dettato dall’Europa che si usa nel nostro Paese per fare le riforme: dopo
essersi visto sfilare la nuova mappa delle Autorità Portuali quasi dimezzate,
aveva portato a casa almeno un limite che impedisse ai municipalismi di svuotare
la riforma riducendola alla limatura di due o tre Autorità Portuali minori.

Con
l’evidente intenzione di diventarne la capofila, riesce inizialmente a
infilarsi in una aggregazione con Livorno-Piombino (talmente assurda da coprire
quasi mezzo migliaio di chilometri di costa, proprio mentre sull’Adriatico
soprattutto il governatore friulano Pd Debora Serracchiani e quello veneto
leghista Zaia riescono a mandare in soffitta l’Authority unica da Trieste a
Ancona passando per Venezia e Ravenna), poi si conquista una sorta di status a
sé come “porto della capitale” (e, in alcune ipotesi, perfino “dell’Abruzzo”).
Da aggiungere che non ci stanno a farsi aggregare in
un’unica Authority né Ravenna e Ancona né Bari e Taranto, tutti porti “core”
secondo l’Europa. Senza contare che in Campania scoppia il caso di Salerno vs.
Napoli. E anche Marina di Carrara, dopo aver lanciato più di un segnale in
passato a La Spezia, vede tutte le istituzioni e le forze sociali del
territorio fare quadrato per chiedere di finire non con La Spezia bensì in una
Authority toscana a guida livornese. Non dev’essere un caso che lo dicano
proprio nel giorno in cui Livorno e Piombino anticipano la riforma celebrando
il proprio “matrimonio” (simbolico)........
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