
Ovviamente NO eccovi quindi l'articolo.
Banche e potere, ecco la lettera di Rumiz: dodici domande alla Regione sulla “bomba” Mediocredito
Il giornalista scrive a Serracchiani: fate capire ai
cittadini qual è la vera situazione. «Da
stabilire l’entità del passivo, che
potrebbe essere vicino al miliardo di euro»
di Paolo Rumiz
Gentile presidente della Regione Debora Serracchiani qualche
giorno fa mi sono trovato a una cena in Veneto e al tavolo vicino al mio
c’erano degli industriali, per l’appunto veneti, i quali ridevano del Mediocredito
del Friuli Venezia Giulia, il nostro gioiello. Ho allungato l’orecchio e tra un
ghigno e l’altro ho carpito un’informazione.
A fronte di un miliardo e mezzo di impieghi, avremmo non
cinquecento milioni, come è emerso dalla stampa, ma un miliardo di "incagli",
come dire soldi che assai difficilmente tornano indietro. «Una bomba a
orologeria», così la definivano i commensali, parlando grossolanamente - e qui
mi sono infastidito assai - di Lei come “Frangetta nera”, del direttore Narciso
Gaspardo come “Cavallo pazzo” e del presidente Crt Paniccia come del “puparo”,
e la loro ilarità trasudava - mi è parso di capire - la soddisfazione di aver
messo nel sacco la Regione, intrappolata in Veneto da una «politica di
grandezza».
Poiché non era corretto scriverne limitandomi a un discorso
orecchiato, ho cercato di capirci prima qualcosa e sono andato a rovistare
nella cassaforte. Ebbene, pur non essendo uno specialista di conti aziendali,
di impieghi e di crediti, ho trovato una sgradevole conferma della “ciacola” e
mi sono fatto pure un’idea abbastanza precisa del perché questa banca “non
gira”.
Ora, siccome mi secca, come afferma un personaggio di “Jurassic Park”,
avere sempre ragione, e siccome effettivamente ho avuto ragione per il crack
delle Cooperative Operaie di Trieste, di cui ho denunciato con largo anticipo
sui politici la scelleratezza di gestione, davvero non vorrei che la situazione
si ripetesse nel momento di porre, come faccio ora, il problema al massimo
livello. Dunque sarò felice di essere smentito.
Ricapitolando, non è stato difficile arrivare al miliardo
nel conteggio dei crediti di ardua restituzione. Sono 400 di sofferenze, 400 di
incagli e ristrutturazioni, 100 tra crediti scaduti e deteriorati più
minutaglie varie. Ancora più facile è stato appurare che l’ufficio incaricato
di salvare il salvabile è un’impenetrabile Alcatraz dove si sono alternati
cinque responsabili in cinque anni, dove - su un totale di novanta dipendenti -
sette gestori si fanno carico di quasi la metà degli impieghi.
Quanto al clima, basta annusare l’aria: pesantemente
deteriorato dall’assenza di direttive autorevoli, privo di una precisa
strategia gestionale, di snellezza negli iter deliberativi e di un adeguato
supporto di quello che nel campo è chiamato il “Back Office”.
Il tutto in un
clima terremotato da una miriade di comunicazioni ansiogene della direzione
generale, spesso di utilizzo impossibile, e dalla presenza di costosissime
consulenze esterne in teoria inutili perché riguardanti pratiche già espletate
all’interno, e il cui unico effetto è stato di approfondire il buco di una
quindicina di milioni.
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