Qualche giorno dopo l’incendio sulla “Norman Atlantic”, la
rivista “Internazionale” mi chiese di scrivere per il loro sito un commento sull’incidente, che
contenesse una breve riflessione sulla sicurezza in mare.
Scrissi un testo di una pagina e mezzo
circa, che si può leggere qui nell’Appendice 1.
Mi limitai a parlare delle navi RoRo, sia
perché la “Norman” fa parte di quella categoria, sia perché hanno, tra tutte, un’incidentalità
molto elevata. Espressi l’opinione, come si può vedere, che una delle cause della scarsa sicurezza è
da ascriversi alle condizioni di lavoro degli equipaggi
ed alla pressione sul costo del lavoro esercitata dagli armatori, per cui anche un naviglio tecnologicamente avanzato e moderno, se gestito secondo il criterio del massimo risparmio sul costo del lavoro, può diventare insicuro.
ed alla pressione sul costo del lavoro esercitata dagli armatori, per cui anche un naviglio tecnologicamente avanzato e moderno, se gestito secondo il criterio del massimo risparmio sul costo del lavoro, può diventare insicuro.
Qualche giorno dopo Nicola Capuzzo, un giornalista ben noto
nell’ambiene dello shipping, che io stimo per la sua attenzione e precisione, scrive sul suo
blog che nella mia riflessione ci sono elementi “pretestuosi” in quanto l’incidente sulla “Norman”
non andrebbe inquadrato
nell’ambito delle scelte armatoriali ma in quello della
difficile situazione dei porti greci dove si ammassano centinaia di migranti che, clandestinamente,
cercano di entrare in Italia. Il suo intervento si può leggere nell’Appendice 2.
Di “fatalità”
invece parla un altro interlocutore di questo piccolo dibattito, che si è sviluppato sul blog di
Capuzzo. E’ Fabrizio Vettosi, un amico, ben noto nel mondo della finanza dello shipping, che prende
anche lui le distanze dalle mie affermazioni, sottolineando l’efficienza e la modernità
della “Norman Atlantic” sulla quale ha viaggiato più volte (efficienza e modernità, sia detto per
inciso, che io non ho messo in dubbio, anzi). Le sue affermazioni sono riportate nell’Appendice 3.

E’ un problema che
riguarda anche il naviglio nuovo e sofisticato che armatori di tutto rispetto mettono in
servizio, praticando però una politica del lavoro basata sul basso costo e non sul rispetto delle
professionalità, sullo sfruttamento bello e buono e non sull’attenzione alle condizioni e all’ambiente
di lavoro. Per non parlare poi della non assunzione di responsabilità sulla natura del carico.
Pertanto ho pensato che tacere su queste cose non serva a
nessuno, quindi ripropongo in
forma un po’ più elaborata certe mie riflessioni, sulla base
anche di una lettura di fonti
internazionali la cui autorevolezza è difficile, credo,
mettere in dubbio.
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