Ieri, sulla
rivista www.firstonline il prof. Franco Amatori, l’unico europeo insignito del
premio alla carriera dell’American Business History Association, rispondendo a
un articolo di Romano Prodi, che riteneva necessario un intervento dello stato
nell’azionariato delle grandi imprese italiane per aiutarle ad uscire dalla
crisi o per impedire che vegano acquisite da gruppi stranieri, si chiedeva: ma
a quel punto le imprese diventano delle agenzie pubbliche o rimangono imprese
governate da un management del tutto indipendente? Agenzie pubbliche significa
che debbono sottostare a particolari vincoli nell’interesse collettivo (p.es.
destinare una quota degli investimenti al Sud). Forse sarebbe meglio, prosegue
Amatori, ritornare con il pensiero all’esempio del New Deal americano, quando
certe imprese uscirono dalla crisi con una struttura decentrata ed un
azionariato diffuso. Le public company come la General Motors avrebbero in
pochi anni colmato il divario e poi ampiamente superato quelle che erano
rimaste chiuse in un sistema autocratico come la Ford.
Nello stesso
numero della rivista online di Auci e Locatelli, il direttore della Fondazione
Golinelli di Bologna sostiene invece che priorità assoluta per l’Italia che
vuole uscire dalla crisi è quella di concentrare gli sforzi sulla scuola. La
chiusura delle scuole e i problemi sociali che questo ha comportato per i
genitori, per quelli che hanno continuato a lavorare, per quelli rimasti a casa
disoccupati ma anche per quelli che hanno lavorato da casa in smart working, è
stato forse il prezzo più alto che abbiamo pagato. Perciò lo Stato è sul
sistema della formazione che deve puntare come scelta strategica, non solo per
l’educazione dei giovani e la loro preparazione al mondo del lavoro ma anche
per colmare diseguaglianze che in questi mesi sono apparse evidenti, per
esempio nelle infrastrutture digitali (reti a banda larga) o nella maggiore o
minore dotazione di dispositivi tecnologici presso le famiglie. Perché la
scuola del futuro dovrà in misura maggiore o minore ricorrere anche
all’insegnamento a distanza.
Ecco due
esempi di scelte strategiche: rafforzare le imprese o rafforzare la scuola? Lo
stato i soldi dove deve metterli prima di tutto?
Il mondo della
logistica e dello shipping, così povero di “campioni nazionali”, dominato da
colossi multinazionali nell’e-commerce come nel terminalismo portuale, dotato
d’imprese estremamente gelose della loro autonomia, ci sembra che dovrebbe
scegliere la seconda ipotesi. Abbiamo sempre lamentato la subalternità
logistica dell’Italia. Cercare di rimediare oggi è un po’ tardi. Le scelte,
come quelle che ha fatto la Germania, dovevamo farle 30 anni fa.
scuola e di conseguenza avremo imprese (e governanti) migliori
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