martedì 5 febbraio 2019

GIULIO CAMBER E IL PERICOLO GIALLO

Sui muri di Trieste è apparso l'ultimo manifesto dell'ex senatore Giulio Camber dedicato al porto di Trieste e agli investimenti cinesi. Nel darne notizia pensiamo di fare una cosa utile pubblicando sull'argomento una parte dell'intervista che il Segretario generale dell'AdSP Sommariva ha dato alla rivista Pandora (che ieri abbiamo segnalato).
Pubblicare questo pezzo dell'intervista che risulta una risposta pacata e ragionata alle "paure" a cui allude il manifesto di "Giulio" è una nostra scelta. Restiamo a disposizione dell'ex senatore per pubblicare un suo intervento o realizzare una intervista sui temi sollevati. Noi di FAQTRIESTE ci riserviamo un intervento a "gamba tesa" nei prossimi giorni.


Una possibile risposta scelta da FAQTRIESTE



Della Via della Seta se ne parla molto, ma anche a sproposito.
La BRI è un progetto geopolitico complesso che non riguarda solo i traffici, non è un progetto soltanto infrastrutturale e va guardato anche nella sua complessità: da questo punto di vista credo che i dirigenti cinesi siano abbastanza animati da una volontà in qualche modo ‘neocoloniale’, ma anche da una lungimiranza verso i destini del mondo: credo che sia un progetto da osservare nel complesso ma con rispetto. Detto questo, Trieste vuole essere parte del gioco, non teme di essere fagocitata, perché le normative italiane – qui ritorna il ruolo del pubblico –, nel caso in cui gli investitori cinesi si ritagliassero una possibilità, come si dice oggi in modo elegante, di costruire una strategia ‘win-win’, non consentirebbero la vendita dei porti. I porti non si vendono, perché il demanio non si vende: c’è un regime pubblicistico che consente allo Stato, al pubblico e alle autorità portuali di determinare le regole di utilizzo dei porti. Quindi ci si confronterà, come già sta avvenendo perché l’interesse è reale, ma con un confronto da pari a pari, perché il porto è nostro.

Se non si metteranno a disposizione i gruppi cinesi le infrastrutture si realizzeranno sulla base delle regole vigenti. Peraltro, i cinesi sono profondamente convinti che l’Italia in generale abbia molto da dare loro dal punto di vista del profilo culturale e oltre; non c’è secondo me in questa situazione, stanti le regole a nostra disposizione, il pericolo di essere fagocitati. Certo, ci sono modi diversi con cui affrontare questi dialoghi: se lo si fa con uno spirito di subalternità, con la mano tesa e chiedendo la carità, ovviamente si parte da una posizione di debolezza, se lo si fa con il giusto orgoglio di rappresentare un grande Paese e di avere, come nel nostro caso, un’infrastruttura che può essere sviluppata, ma che comunque è un asset logistico e di collegamento dei traffici marittimi e ferroviari importante, si gioca da pari a pari. Quindi sotto questo punto di vista è un bene: vengono, sono già venuti e verranno. Spero si concludano presto degli accordi che porteranno ad investimenti importanti da parte cinese su Trieste e contribuiranno allo sviluppo del porto e del territorio. Questo è lo spirito con il quale guardare a questa vicenda. 


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