Sono oramai passati 24 anni dal varo della legge di riforma
della portualità italiana.
Su spinta della Comunità Europea, l'Italia licenziò
nel 1994 la Legge n° 84. Di fatto si passava da una gestione pubblica ad una
gestione privata, in regime di libera concorrenza, del bene Porto.
Con
l'abrogazione dell'art. 110 del codice di navigazione si tolse il monopolio
alle Compagnie Portuali e le stesse dovettero trasformarsi in Imprese di
diritto privato (art. 21 L. 84/94).
Nuovi soggetti arrivarono sotto forma di
Imprese: Terminalisti, Concessionari di aree e banchine, con libertà di
fissazione delle tariffe (art. 16 e 18 L. 84/94). A regolare tutto il processo
di trasformazione erano è sono i vecchi Enti Portuali trasformati in Autorità
Portuali (art. 6 L. 84/94). Nel 1995 venne emanato, con decreto ministeriale n°
585, il regolamento che fissava i requisiti per le attività di Impresa
Portuale. In particolare all'art. 3 lettera "C" del regolamento, i
richiedenti devono essere in possesso di capacità tecnica, basata sulla
sussistenza di beni mobili ed immobili: macchinari o mezzi meccanici o navi o
altri strumenti NECESSARI allo svolgimento delle attività programmate, in
proprietà, in leasing o in locazione per un periodo non inferiore ad un anno.
La lettera "G" del regolamento recita: Organigramma dei dipendenti,
comprensivo dei quadri dirigenziali, NECESSARIO ALL'ESPLETAMENTO DELLE ATTIVITÀ
PROGRAMMATE, suddivisi per livelli e profili professionali ecc..
Quindi
riassumendo, per essere autorizzati ai sensi di legge, il richiedente deve
essere in possesso di mezzi e dipendenti necessari a garantire il piano
operativo presentato. Nel caso di picchi operativi le imprese autorizzate
possono avvalersi, ai sensi dell'art. 17 L. 84/94, del così detto Pool di
manodopera, unico soggetto non vincolato dalla L. 1369/60 che vieta
l'intermediazione di manodopera nello svolgimento di operazioni e servizi
portuali e come ribadito anche dal D.L. 276/2003 (L. Biagi).
Queste le famose
regole da sempre rivendicate dai lavoratori portuali. Semplici chiare
incontrovertibili, suffragate dal CCNL UNICO DEI LAVORATORI PORTUALI. Ma allora
come mai ancora oggi dopo 24 anni accadono fatti come quelli di Livorno? Le
Autorità Portuali sono il soggetto deputato a garantire il rispetto delle norme
e possono sanzionare le Imprese inadempienti anche se la L. 186 del 2000 che
integra l'art. 16 L. 84/94 introducendo la categoria dei Servizi portuali e
definendoli come prestazioni specialistiche, complementari ed accessorie al
ciclo delle operazioni portuali aumentano la discrezionalità di ogni singola
Autorità.
In tutti i Porti ci sono state, negli anni, forzature autorizzative
pur di scardinare il potere contrattuale dei lavoratori portuali. Ad essi è
stata piegata la schiena ma non spezzata ed è per questo che solo attraverso la
loro lotta, continua, unitaria e solidale, a livello nazionale e locale, si
potranno garantire un futuro di benessere.
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