Il cuore della vicenda, o meglio del caso GMT - ADRIATERMINAL ruota attorno a questa domanda. In fondo qualcuno sostiene che si tratta solamente di lavoratori dipendenti della stessa ditta che operano in trasferta. Perchè non si potrebbe fare ? Perchè la legge sui porti nega questa possibilità ?
I comunicati genovesi che abbiamo recuperato e pubblicato in questi giorni alludono al fatto che questo sia un obiettivo dei terminalisti genovesi e che ci siano alcuni tentativi di operare in questo modo tra i terminal liguri. Su queste allusioni abbiamo pensato e scritto che il caso Genoa Metal Terminal sia stato utilizzato per coinvolgere il porto triestino guidato da Zeno D'Agostino nella sua veste di Presidente di Assoporti.
Il tentativo di utilizzare questo metodo di mobilità tra terminal della forza lavoro portuale mina alla radice tutta l'organizzazione dei porti nel caso dei picchi di lavoro e dello stesso articolo 17 che è la pietra fondante delle Agenzie del Lavoro Portuale e meccanismi similari.
Tutto ruota attorno all'art.24 citato nell'ordinanza del 1 giugno 2018 dell'AdSP che prevede l'iscrizione dei lavoratori portuali nei registri appositi. C'è una verificabile differenza tra i 10 portuali genovesi indicati nell'ordinanza con compiti di istruzione e di produzione, e i tre istruttori genovesi. Probabilmente in questi numeri c'è quel supplemento di trattativa tra l'ordinanza del 1 giugno e la domenica pomeriggio. Ma affrontiamo con il parere di un'esperto l'articolo 24 della legge 84/94 :
Quell’art.24 della legge che ci ha salvato dal baratro
del mostro della mobilità interteminal dei lavoratori è un articolo in realtà
niente affatto marginale.
Qualcuno si chiederà d’altro canto perché nei vari
interventi di riforma non se lo siano tolti dalle scatole? Non lo possono fare
perché è incardinato in una Convenzione dell’ILO a cui l’Italia ha aderito con
legge.
Il fondamento giuridico della nozione di “registro dei
lavoratori portuali” è contenuto infatti nella ILO-Convention No. 137 - Dock
Work, che prevede l’istituzione del « Register of all occupational categories
of dockworkers », quale mezzo per i lavoratori di partecipare ai benefici
rappresentati dai nuovi metodi di movimentazione delle merci (siamo nel 1973,
all’alba del container, del ro-ro, della meccanizzazione e automazione), grazie
al miglioramento durevole della loro situazione con la regolarizzazione del
posto di lavoro e la stabilizzazione del reddito, e con altri provvedimenti
relativi alle condizioni di vita e di lavoro, nonché alla professionalità
sicurezza e igiene del lavoro nei porti.
Cfr.: Convention No.137 – Dock Work
Convention, concerning the Social Repercussions of New Methods of Cargo
Handling in Docks, approvata con grande lungimiranza dall’ILO (International
Labour Organization) nel 1973, entrata in vigore nel 1975 e recepita dalla
normativa italiana con la legge di ratifica e esecuzione n.157 del 1981.
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