La “Silk Road” e l’Europa
ferroviaria l’analisi di Antonio Maneschi (Sisam)
LUGANO – La Svizzera punta
sul “terzo valico” con Genova, ma tiene gli occhi aperti anche su quella che è
la “Silk Road” già da tempo operativa, la nuova via della Seta che la Cina ha
lanciato in termini estremamente concreti (e aggressivi) con l’Europa. A
conferma che i tanti interventi nei convegni e nei talk-show sul nuovo
espansionismo cinese non parlano del sesso degli angeli, ma di una rivoluzione
mondiale che non è solo logistica.
Abbiamo riferito di
recente del convegno a Lugano su “Un mare di Svizzera”. Il terzo valico su
Genova fa parte di quei progetti che la Liguria chiede con sempre maggiore
affanno e che sul piano della fattibilità sembra cozzare con un’alternativa più
veloce e più logica, quella dell’alta capacità ferroviaria da Bologna a Firenze
e da Firenze su Livorno, La Spezia e Piombino. Una soluzione sulla quale la
Toscana e non solo puntano forte.
Ma diatribe a parte,
bisogna davvero valutare quanto valga la nuova “Sik Road”: e nessuno meglio di
Antonio Maneschi, livornese figlio d’arte (Pierluigi Maneschi è stato e rimane
uno dei big della logistica navale, uomo di punta non solo di Evergreen ma
anche dell’hub europeo della compagna di Taiwan) per lungo tempo pendolare con
la Cina per Sisam ed oggi stabilmente a Lugano sempre per Sisam dove ha fondato
ed è CEO della sua compagnia “Suan”, ha tenuto una attenta analisi dello stato
dell’arte.
Che ha una sintesi lapidaria ma significativa: “Dalla Cina l’Europa
importa volume ma esporta valore”.
Tradotto, sempre con le parole di Maneschi: “Il
commercio non è un gioco in una sola direzione, one-way game: e sulla ferrovia
per avere un senso commerciale bisogna lavorare in entrambe le direzioni. Ma
avere un sufficiente carico cargo da spedire verso la Cina – ha sottolineato –
è un problema persistente”. Prima del 2012 le ferrovie trasportavano merci
quattro volte maggiori dalla Cina verso l’Europa: ma sul piano del valore
adesso i cinesi stanno acquistando merci europee di alta quotazione come vini
francesi, whisky scozzesi e prodotti tessili italiani, particolarmente graditi
alle classi medie in crescita”.
Se questa è la situazione
dei traffici, quali sono i reali “hub” europei per la nuova strada della seta?
Antonio Maneschi è stato chiaro: è la Germania, e l’hub di Duisborg in Renania,
è il nodo focale. Lo stesso presidente Xi Jinping ha visitato Duisburg nel 2014
e da allora c’è un crescente numero di compagnie cinesi con sedi in quella
città.
Nel 2016 sono stati almeno 40 mila i container transitati su quella
direttrice, ma si prevede che nel 2020 saranno almeno 100 mila – ha riferito
Maneschi – secondo quanto ha detto Zhong Cheng, vice direttore generale della
compagnia cinese per il trasporto dei contenitori.
La spedizione di questi
ultimi via ferrovia – ha ricordato Maneschi – è due volte più veloce che per
mare e molto più economica rispetto al trasporto aereo: il che privilegia i
binari specie per merci che devono operare con il sistema del just in time,
come ricambi per auto e confezioni della moda.
In conclusione, la nuova
“Silk Road” ha enormi potenzialità, ma in Europa i suoi principali sbocchi sono
oggi la Germania e i punti intermedi sull’est Europa, mentre sul piano
marittimo l’hub del Pireo, oggi Cosco, deve essere attentamente valutato dai
porti italiani interessati a quel settore.
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