Leggendo
la gazzetta marittima di ieri, sembra che la riforma della riforma si
sia “refrigerata”, all’ultimo momento, sul punto
relativo alla presenza dei delegati regionali e comunali nei comitati
di gestione delle ADSP.
Se
fosse vero c'è ancora il tempo di svolgere alcune riflessioni, di
farsi alcune domande e di proporre ancora alcune soluzioni.
E’
un occasione per riflettere ancora (e quindi decidere “meglio”)
sul significato e agli obiettivi profondi della
partecipazione dei territori ai comitati di gestione.
Le
AdSP certamente hanno alcuni tratti e funzioni tipici delle “autorità
indipendenti”, per le quali è necessaria la prevalenza delle
competenze tecniche e di un elevato grado di indipendenza dalla
politica; ma dall’altro lato è vero che il legame coi territori
(es. temi dello sviluppo economico e degli assetti urbanistici)
obbliga a considerare necessario una forte connessione con i
centri delle decisioni del territorio.
Sembra
inutile trincerarsi dietro ad astrazioni costruite per gestire casi
specifici: Livorno o non Livorno, Trieste o non Trieste, l’idea di
una partecipazione diretta dei vertici delle autorità locali non è
a priori assurda; anzi, è ragionevole, perché legittima una
necessità reale di “legame” fra porto e territorio.
Ed
è inutile prefigurare, solo per paravento (o per vana
illusione), una “finta” indipendenza e tecnicità dei
membri tecnici indicati dagli enti locali. Peraltro, in questo modo
si rischia di ricadere in un ulteriore dubbio di fondo, vale a dire:
“chi giudicherà alla fine cos’è una adeguata competenza tecnica
” (i TAR? Su ricorso dei presidenti insoddisfatti? O di una impresa
portuale?). O se un nominato fosse ad esempio stato precedentemente
presidente dello stesso porto, potrebbe essere considerato un tecnico
del tutto indipendente ed esterno?
Tornando
al generale, non dovremmo ricordare che gli aspetti di “autonomia”
e “tecnicità” delle AdSP sono in fatto già garantiti
dal fatto che i vertici – questo è fondamentale - e la struttura
delle AdSP sono eminentemente tecniche.
Piuttosto, quello che si
potrebbe fare, lascando la libertà di “partecipazione” anche al
politico, è affermare con chiarezza e maggior precisione il ruolo
che i rappresentanti del territorio devono svolgere nell’ambito del
comitato di gestione: decidere solo sulle materie e i documenti che
hanno conseguenze evidenti e chiare sull’assetto e l’economia del
territorio, non su aspetti che ineriscono ad esempio la gestione
dell’AdSP o funzioni tipicamente “regolatorie” del mercato
portuale.
Una
soluzione alternativa, più tecnicistica, ma molto meno ambigua,
rispetto a quella delle “nomine (tecniche) libere al di fuori della
politica”, potrebbe essere quella di ammettere nel comitato di
gestione rappresentanti tecnici selezionati all’interno della
pianta organica della macchina amministrativa (es. direttori
regionali delle aree trasporti o urbanistica; dirigenti comunali
della aree urbanistiche). Si potrebbe immaginare addirittura che a
seconda delle riunioni del comitato di gestione, possano essere
delegati anche figure diverse, purché provenienti dalla macchina
amministrativa. Sarebbe un modo per tenere fuori “il politico”,
permettendo però, in modo legittimo, che attraverso il canale
interno politico-amministrativo dell’ente locale, passino
legittimamente le indicazioni del potere politico ma attraverso il
sistema tecnico dell’ente locale.
Siamo
ancora in tempo!?
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