martedì 24 febbraio 2015

PORTI NORD - EST BATTI UN COLPO INTERVENTO DI FRANCO MIGLIORINI

La nomina di Zeno D'Agostino alla guida dell'APT ha iniziato a produrre commenti al di fuori dell'ambito cittadino, come è giusto che sia per un porto e una città come Trieste. Proponiamo ai nostri lettori una scelta dei commenti dalla nostra rassegna stampa certi che conoscere il modo in cui si affrontano le questioni portuali in altri lidi non può che far bene al dibattito cittadino molte volte povero e "provinciale ".

Cominciamo con l'intervento di Franco Migliorini su Venezie Post :



Una ventata di novità sembra investire il porto di Trieste con l’arrivo di Zeno D’Agostino, con refoli che potrebbero anche uscire dal golfo di Trieste. Con un vero tecnico al vertice della Autorità portuale cambia il modo di ragionare su uno dei tre porti italiani – con Venezia e Ravenna - presenti in Alto Adriatico. 

La questione ha valenza nazionale e internazionale sullo sfondo di una competizione europea sui traffici marittimi al servizio del ricco cuore transalpino del continente.
A fronte dei porti giganti del Nord Europa che tra Paesi Bassi e Germania – non oltre due o tre grandi porti per paese - coprono oltre il 40% del traffico intercontinentale europeo, il multi porto Alto Adriatico, compresi Koper e Rijeka, con 1,8 milioni di TEU copre il 2% della domanda europea, mentre quello dell’Alto Tirreno giunge al 4%.

In questa battaglia tra lillipuziani e giganti si innesta la più recente scommessa sul gigantismo navale in atto nel mondo. Una sorta di risico portuale su chi si candida a ospitare i futuri mega vettori marittimi più grandi delle portaerei, investendo in proprio per adeguare fondali, banchine, e infrastrutture ai nuovi giganti del mare, così da lasciar loro la scelta del migliore offerente portuale in termini di tariffe e servizi.

La posta è allargare il raggio di azione dei porti, strutture commerciali geneticamente dedite a competere tra loro, per acquisire i traffici del mercato europeo che, nel caso dei cinque porti adriatici, abbraccerebbe l’entroterra transalpino e danubiano entro un arco compreso tra Monaco e Belgrado. Allo stato attuale pare che l’alleanza adriatica del NAPA abbia cessato di produrre i suoi frutti come strumento di lobbysmo europeo, e ogni porto si candidi a ricercare in proprio le soluzioni per competere. Come dire, piccoli ma coriacei.
Ma il quadro non sarebbe completo se trascurassimo la discussione aperta sul rinnovo della legge portuale italiana che, dopo aver liberalizzato i terminal vent’anni or sono, ora vorrebbe liberalizzare anche i monopoli dei servizi interni e concepire nuove alleanze tra porti ed entroterra nell’ottica dei distretti logistici integrati. 

Una giusta interpretazione al passo coi tempi che mette alla prova la capacità dei ventitre porti regionali italiani di misurarsi col mercato internazionale, con semplificazioni ed alleanze non calate dall’alto ma costruite dal basso. Un segno di maturità atteso soprattutto da chi è convinto di stare in Europa.

In Adriatico si parte dunque dal rapporto tra Trieste e Venezia, fondali naturali da un lato, ampi spazi liberi dall’altro, che aspirano al transhipment con l’off shore. Alle spalle due corridoi europei – Brennero e Tarvisio – pronti tra un decennio per i nuovi treni interoperabili europei da 750 metri, e una serie di strutture intermodali e logistiche su cui eccellono Verona e Padova.

All’atto pratico non mancherebbe niente per un salto di qualità epocale, salvo il fatto che l’intreccio tra ragioni degli affari e ragioni della politica restituisce un quadro di variabili multiple in cui il Nordest sarebbe chiamato a battere un colpo, se volesse dimostrare di esistere, stilando il protocollo degli interessi comuni da perseguire. Giusto per fare un parallelo, ma se due porti sono troppi per sfondare in Europa non è che anche due regioni, o tre, non sono proprio ciò che serve nella competizione territoriale in atto in Europa?
D’Agostino arriva dunque nel mezzo di una fase di cambiamento di scenario dove convivono fughe in avanti e radicati conservatorismi. 

L’esperienza di comporre interessi e trovare strumenti certo non gli manca, e l’energia per farlo ancora meno, dopo anni passati tra le filiere logistiche nazionali, ma la capacità di forzare il quadro della politica non spetta certo a lui, ma a chi vorrà imprimere una svolta strategica ad una area geografica nazionale che oggi dibatte tra chi non sa e chi non vuole.
La prima mossa sin qui è quella giusta. Aspettiamo ora le altre.

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