Genova - Ognuno fa come
gli pare. In fondo le linee guida comuni non ci sono (le avrebbe dovute
diramare il ministero) e così le Authority portuali vanno in ordine sparso.
«Io
l’ho sempre chiesto, in ogni sede: serve una cabina di regia, anche per rendere
omogenei i criteri» spiega Andrea Appetecchia, l’uomo delle ricerche e della
analisi di Istituto Superiore di Formazione e Ricerca sui Trasporti.
Sul piano
dell’organico porto invece il governo sta alzando bandiera bianca. La volontà
politica è cambiata, da Delrio a Toninelli, e manca personale negli uffici.
Così alcune Authority hanno preferito fare con le risorse interne, altre
affidandosi a consulenze e poi c’è il caso Taranto.
Il piano organico porto è
fondamentale per capire lo stato dell’arte del lavoro sulle banchine e la sua
evoluzione nel periodo dei prossimi tre anni. A Genova, ad esempio, serve anche
per capire il futuro della Culmv. Anche per i presidenti dei porti è un
passaggio importante: è inserito negli obiettivi da raggiungere per ottenere i
premi sullo “stipendio”. E così adesso molti hanno fretta. I termini erano già
stati prorogati, forse arriverà un ulteriore slittamento della presentazione,
ma la scadenza al momento è per la fine dell’anno.
Chi ha scelto di scrivere
il piano organico porto con i propri dipendenti (come ha fatto La Spezia, prima
Authority a inviare il piano al ministero) lo sta facendo in economia: basta un
questionario e una domanda ai terminalisti: «Assumerete da qui a tre anni nuove
unità di personale?». Facile, ma non esattamente dettagliato, come spiega
Appetecchia.
Molti si avvalgono di
consulenti che per aiutare i propri dipendenti il percorso. In questo caso
l’amministrazione pubblica deve sostenere un costo, che spesso non va oltre le
poche decine di migliaia di euro.
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