Senza in alcun modo voler sminuire il lavoro d'indagine della Guardia di Finanza, degli interventi della Prefettura e della Procura della Repubblica vogliamo occuparci del modo in cui è stata presentata la notizia confrontando i toni attuali con quelli dello stesso quotidiano negli anni scorsi sullo stesso caso.
Questi i titoli in prima pagina de IL PICCOLO dell'inizio 2018 e qui sotto i titoli del luglio 2016.
Per concludere vi proponiamo l'articolo che The Meditelegraph ha dedicato al caso Depositi Costieri, dove abbiamo notato che non ci sono i toni drammatici che invece abbiamo trovato in altre fonti. La notizia sulla interdittiva dovrebbe essere affrontata con ottimismo perchè testimonia la vigilanza e l'attenzione delle istituzioni. Una settimana, come annunciato, per regolarizzare la situazione e trovare una soluzione non è poi un tempo troppo lungo.
LEGGIAMO ASSIEME The Meditelegraph:
Deposti costieri Trieste,
chiesto il fallimento Trieste - L’azienda è schiacciata da 41 milioni tra
debiti con Fisco e sanzioni. Il procuratore capo di Trieste: «L’iniziativa
prefettizia sottintende un’infiltrazione mafiosa all’interno della struttura
portuale». E mette in guarda sulla crescita del fenomeno, non solo nello scalo
giuliano, ma anche a Genova
Trieste - La Procura della
Repubblica ha chiesto al Tribunale di Trieste, Sezione Fallimentare, di
dichiarare il fallimento della società Depositi costieri Trieste, una realtà
che da tanti anni opera nel porto giuliano.
Lo rende noto la stessa
Procura precisando che è stata «accertata la sussistenza dei presupposti di
fallibilità della società» in merito «alla situazione di insolvenza, che a
partire dall’ottobre 2016, si era verificata in coincidenza con la notifica dei
primi avvisi di pagamento da parte dell’Agenzia delle dogane». La Depositi
costieri Trieste ha accumulato un debito «verso l’amministrazione di oltre 32
milioni di euro, cui si aggiunge un debito di oltre nove milioni di euro per
sanzioni». L’amministrazione finanziaria, si apprende, ha negato il proprio
consenso alla proposta transattiva.
La Procura ha puntualizzato
che «grazie anche agli accertamenti degli uomini del nucleo della Guardia di
finanza di Trieste si sono delineati i termini dell’operazione di acquisto»
della stessa Depositi costieri Trieste da parte di un’altra società, la Life:
«Le quote della Depositi costieri erano di proprietà della Giuliana Bunkeraggi,
di cui il triestino Franco Napp era amministratore e socio. Dal 1 giugno 2017
la Bunkeraggi ha ceduto l’intera partecipazione in Depositi costieri alla Life
al prezzo di 4,5 milioni. La Life - precisa la Procura - è composta da soci
prevalentemente nativi della Campania».
«L’iniziativa prefettizia
sottintende un’infiltrazione mafiosa all’interno della struttura portuale di
Trieste, la quale struttura è in trend estremamente positivo, così come il
porto di Genova, secondo quanto riportano studi specialistici. Occorre
rimodulare l’organizzazione interna del porto per quanto concerne sorveglianza
e intelligence, proprio ai fini di evitare meccanismi di infiltrazione tesi a
guadagnare il futuro economico dell’ente porto, a Trieste come altrove». È il
commento del Procuratore capo di Trieste, Carlo Mastelloni, ai provvedimenti
della Procura e della Prefettura nei confronti della società Depositi costieri
Trieste.
Per Mastelloni i porti sono
«vere metropoli e quindi è ovvio che le strategie e gli appetiti della
criminalità organizzata ne tengano conto e facciano tentativi per accaparrarsi
zone al loro interno in vista di traffici illeciti. A Trieste, dove si stanno
facendo modifiche strutturali e progetti anche politici, è importantissima la
vigilanza».
L’attenzione degli organi di
polizia si focalizza sulla società Depositi costieri Trieste del porto giuliano
quando si riscontra che il debito per mancato pagamento delle accise ammonta a
cifre preoccupanti. Un debito erariale che risale ad anni fa ma che si è
consolidato in sostanza negli anni tra il 2015 e il 2016. Si tratta di un
debito riferito all’atto dell’estrazione del prodotto petrolifero, oggi
diventato di 32 milioni di euro più altri nove di sanzioni. In pratica, la Dct
non è altro che una sorta di magazzino, un luogo di stoccaggio di prodotti
petroliferi di proprietà di altre realtà economiche.
Queste e la stessa Depositi
sono tenuti in quote diverse a versare le accise all’Erario, ma di fronte
all’amministrazione pubblica è soltanto la Dct la titolare dell’obbligo di
versare l’imposta. In caso di mancato pagamento l’Erario dunque si rifà su di
essa, che a sua volta può rivalersi sugli altri soggetti. Scoperto il debito,
il Nucleo tributario della Guardia di finanza ha avviato indagini più accurate
e della vicenda ha cominciato a occuparsi anche la Procura della Repubblica.
Dal punto di vista
societario, nel 2015 la Depositi costieri Trieste divenne interamente di
proprietà della Giuliana Bunkeraggi di Francesco Napp, che ne possedeva la metà
e rilevò l’altro 50% dall’Eni, divenendo azionista unico, quindi amministratore
e socio. La Dct è una società erede delle attività petrolifere risalenti agli
inizi del Novecento. Napp quest’anno ha però venduto la Dct, titolare del
deposito da 145 mila metri cubi, alla Life Srl, lasciando la carica di
amministratore per quella di presidente. Le indagini della Guardia di Finanza
sono ancora in corso, e su di esse c’è un forte riserbo ma, secondo quanto si è
appreso, potrebbero avere nuovi sviluppi.
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