Sui correttivi della Riforma portuale
già preannunciati ritocchi ai ritocchi
ROMA
– Se non è un pasticcio, ci siamo abbastanza vicini. Perché la
riforma della Riforma portuale, che ha puntato sulla regolamentazione
del lavoro e solo in appendice all’esclusione dei politici dai
comitati di gestione, ha visto scomparire totalmente il primo
argomento, coprendolo con la foglia di fico di un ulteriore, prossimo
esame delle commissioni parlamentari. Ed ha inserito alla fine il
niet ai politici attraverso la formula abbastanza rimaneggiata
(rispetto alla prima edizione provvisoria del decreto legislativo)
che vieta la partecipazione ai comitati di gestione delle AdSP dei
“soggetti che fanno parte di organi pubblici di indirizzo
politico-amministrativo”. Alla fine dunque, fuori i vari Nogarin,
Serracchiani etc. Poiché i decreti legislativi hanno applicazione
immediata, la norma è in vigore.
Dov’è
allora il pasticcio? E’ che con la formula del decreto legislativo
si è evitato il passaggio in Parlamento: e c’è dunque da
aspettarsi la reazione del Parlamento stesso, non appena le
opposizioni ne prenderanno atto. Se n’è riparlato ieri, nel
consiglio dei ministri cui inizialmente era stata prevista la
riforma, con una ulteriore postilla: il decreto è in vigore, ma
dovrà essere sottoposto entro 60 giorni alle commissioni
parlamentari di Camera e Senato, che dovranno esprimersi con il
limite del “parere consultivo”. E c’è già un movimento
d’opinione nel governo, quindi nella stessa maggioranza, che punta
a scaricare sulle commissioni parlamentari l’eventuale passo di un
ulteriore correttivo del correttivo.
Il
nodo non è solo quello dei comitati di gestione dei sistemi. Il nodo
vero è che sono scomparsi dal decreto legislativo tutti quei
passaggi che prevedevano la riforma del lavoro con la delega alle
AdSP di specifici quadri di riferimento sul fabbisogno lavorativo nei
porti (art 16,17 e 18) con la facoltà di esodare – o ricollocare –
gli inidonei. La cancellazione di questo importante passaggio è
stata imposta dal ministero dell’economia. E si prevede una
ribellione da parte sindacale e delle forze politiche che sostenevano
la necessità di un “ripulisti” nel mondo del lavoro portuale,
dalle agenzie interinali alle Compagnie portuali. Doveva nascere
anche un fondo nazionale, da gestire attraverso una collaborazione
tra sindacati e organizzazioni datoriali, per la ricollocazione degli
esuberi: ma è stato cassato anch’esso, demandandolo – dicono i
bene informati – a un eventuale nuovo intervento attraverso le
commissioni parlamentari. Pompeo Meta e Marco Filippi saranno i
portabandiera di questo tentativo.
Nella
complicata vicenda dei “correttivi” alla riforma, entra anche il
tema dell’“esproprio proletario” dell’Autorità di
regolazione del sistema logistico, contro cui si sono battute – per
adesso invano – tutte le categorie di settore, a cominciare da
Confetra. Si tratta di 19 milioni all’anno a carico delle imprese,
che dovevano essere cancellati. Invece rimangono in vigore, sia pure
con una formula (“pagano per quanto di competenza”) che aprirà
una stura infinita di ricorsi, opposizioni, polemiche e scontri nella
sua totale indeterminatezza. Da Confetra, al momento un solo,
lapidario commento: sorpresa e delusione.
Antonio
Fulvi
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