mercoledì 24 maggio 2017

LETTERA APERTA SUL LAVORO PORTUALE


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LETTERA APERTA A Violeta Bulc PRESIDENTE COMMISSIONE TRASPORTI UNIONE EUROPEA 

DAL PRESIDENTE Terje Fenn-Samuelsen DELLA SEZIONE DOCKERS DEL SINDACATO EFT

Bruxelles, 12 maggio 2017
Violeta Bulc - Commissario Europeo per i Trasporti
Oggetto: la realtà del lavoro portuale

Cara Commissaria Bulc,

I porti sono fondamentali per l’economia europea così come il lavoro portuale. È infatti nell’interesse di tutti avere porti efficienti e competitivi. La disputa spagnola in corso ha riaperto un dibattito, rimasto sotto silenzio da qualche tempo, sulla competitività dei porti europei e sul ruolo del lavoro portuale. Lei ha contribuito personalmente a questo dibattito, in particolare durante il suo recente viaggio a Madrid.

Sentiamo pertanto la necessità di affermare i nostri punti di vista sulla realtà dei porti e del lavoro portuale in Europa.




È una leggenda che i porti europei non siano competitivi e che questo sia principalmente, ma non solo, a causa del lavoro portuale. In passato il lavoro portuale è stato anche elencato tra le “strozzature” del settore portuale europeo. La presunta mancanza di competitività dei porti europei è stata sollevata così tante volte e per tanti anni dai rappresentanti della Commissione, ma non solo, che è diventata una verità indiscutibile nei dibattiti sui porti e sul trasporto marittimo.

I porti dell’Unione europea sono davvero poco competitivi? Abbiamo già sostenuto in passato la superficialità di questo genere di accuse. Sarebbe interessante sapere rispetto a quali porti non sarebbero competitivi i porti dell’Unione Europea. Certamente non siamo in competizione con i porti asiatici, perciò troviamo irrilevante ogni confronto con la produttività in Asia.

Prendiamo l’esempio di due aree nell’Unione Europea. Se analizziamo la situazione del Mediterraneo, innegabilmente c’è una feroce concorrenza dai porti di transhipment sulla costa meridionale. Ovviamente non siamo in grado di competere con questi porti in termini di costi del lavoro. La soluzione consiste quindi nel cercare di competere su altre dimensioni. La creazione di regimi fiscali speciali per i porti di transhipment che stanno lottando per sopravvivere potrebbe contribuire a rilanciarne la competitività. L’attuazione di finanziamenti più efficaci e coerenti e le relative politiche europee di vicinato potrebbero anche aiutare: come Lei probabilmente saprà, alcuni dei terminal che sono direttamente in concorrenza con i porti dell’Unione Europea sono stati cofinanziati con i fondi europei.

Guardando al range settentrionale, abbiamo cinque grandi porti e altri di dimensioni inferiori che si trovano in concorrenza per ottenere volumi adeguati e rendere le operazioni portuali economicamente vantaggiose. Piani di investimento scarsamente concepiti, privi di qualsiasi tipo di coordinamento, accoppiati a una spinta ingiustificata per l’automazione, hanno generato sovraccapacità in determinati porti e i terminal ora stanno lottando per sopravvivere. Ciò che emerge guardando al nord Europa è anche che quei porti che dispongono del pool di lavoro non solo presentano una produttività superiore, ma sono anche più resistenti all’impatto della crisi economica.

Perché? Perché garantiscono flessibilità e protezione sociale, disponibilità continua di una forza lavoro formata ai datori di lavoro e continuità dell’occupazione ai lavoratori.
Spesso sentiamo anche che i porti europei devono evolvere per affrontare le sfide future. I porti europei sono in realtà in evoluzione così come il lavoro nel porto. Negli ultimi decenni, i lavoratori portuali non hanno smesso di adattarsi ai mutamenti dell’industria marittima. Il numero di persone che lavorano nei porti è diminuito a causa dello sviluppo tecnologico e dell’automazione. Abbiamo riqualificato e cambiato il nostro lavoro per poter lavorare con nuove tecnologie e nuovi metodi. Se però ciò che si chiede è di adattarsi ai modelli di occupazione che promuovono il lavoro precario e la deregolamentazione, la nostra risposta forte e chiara è no! Negli ultimi decenni non abbiamo trovato alcuna proposta concreta della Commissione volta a proteggere l’occupazione dei porti o a generare nuovi posti di lavoro nel settore.

I lavoratori portuali sono forti perché sono uniti e hanno un senso di appartenenza ai loro porti e alle loro comunità. Lavorare in un porto è per i portuali il modo più bello e gratificante per guadagnarsi da vivere. Eppure il lavoro portuale è duro e pericoloso. Se in alcuni porti abbiamo buone condizioni di lavoro è perché lottiamo per questo, perché lo meritiamo e perché abbiamo un forte potere di contrattazione. C’è qualcosa che non va in questo? 

Le ricordo che davanti a noi abbiamo grandi e forti controparti che nella maggior parte dei casi fanno parte di gruppi globali e multinazionali, come gli operatori terminalistici e le compagnie di shipping! In più, attualmente le compagnie marittime stanno sempre più integrando verticalmente il ruolo degli operatori terminalistici. In questo momento il 48% di tutti i container è gestito da compagnie marittime nel loro ruolo di terminal operator. Di conseguenza la pressione è sui portuali e sui loro sindacati. Adesso non stiamo negoziando solo con gli operatori dei terminal, ma anche con i loro clienti e azionisti!

La nuova riforma del lavoro portuale in Spagna è stata accompagnata da una vergognosa campagna di comunicazione volta a presentare i portuali come lavoratori privilegiati e strapagati, nella speranza di ottenere il sostegno dell’opinione pubblica per la riforma proposta. Non intendiamo discutere in modo specifico il caso spagnolo, dal momento che abbiamo già ampiamente dichiarato le nostre posizioni in merito. Vorremmo tuttavia sottolineare che questo atteggiamento non è nuovo e che in passato diversi commissari europei e funzionari dell’Unione Europea hanno contribuito ad alimentare questo tipo di accuse contro i lavoratori portuali. L’appello che Le rivolgiamo è di superare questo approccio e di provare a guardare la realtà del lavoro portuale.

Se Lei, come ha più volte dichiarato da quando ha preso l’incarico, vuole veramente migliorare le condizioni di lavoro nel settore dei trasporti e renderlo più competitivo e attrattivo per i lavoratori, dovrebbe cercare l’ispirazione da quei porti in cui le condizioni di lavoro sono uguali per tutti i lavoratori e non stabiliti secondo il paese d’origine. Dovrebbe essere ispirata da quei porti in cui esistono accordi che garantiscono lavoratori formati sempre disponibili, capaci di offrire la giusta flessibilità. Nei porti non abbiamo il problema di attirare i giovani lavoratori come in altri settori. Perché? Perché le condizioni di lavoro sono in genere decenti. Non c’è altro modo per rendere un settore attraente.

Naturalmente, esistono anche molti problemi nei porti europei, che dovrebbero essere affrontati dalle politiche dell’Unione Europea e dei porti nazionali. Vorremmo solo dare un esempio: Sicuramente Lei è a conoscenza di come nel suo paese, la Slovenia, i lavoratori portuali di Capodistria stanno lottando contro un sistema di caporalato che viene utilizzato per fornire gli occasionali al porto, riconducendo il settore al XIX secolo.

In certi porti europei, gli operatori e i loro lavoratori soffrono dell’impatto della sovracapacità: i terminal continuano a essere costruiti mentre volumi e traffici non crescono da nessuna parte. La sovracapacità non favorisce buone condizioni di lavoro, come si può facilmente immaginare, perché gli operatori sono costretti a ridurre i costi al fine di soddisfare le esigenze degli utenti e attirare i traffici.

A Rotterdam ci aspettiamo una perdita di almeno ottocento posti di lavoro a causa della robotizzazione, eppure i nostri membri olandesi lottano per intavolare una discussione significativa su questi argomenti con i politici. Lei sembra essere un’appassionata dell’automazione, ma non abbiamo mai sentito parlare delle conseguenze dell’automazione sui posti di lavoro, sui lavoratori e sulla società in generale. Per esempio, chi pagherà le tasse quando i posti di lavoro verranno sostituiti dai robot?

Questi sono solo alcuni esempi che vorremmo fornire per cercare di riequilibrare il dibattito in corso. Come Commissario Europeo, ci aspettiamo che Lei guardi ai fatti e non consideri solo i punti di vista delle istituzioni che rappresenta, ma anche di quelli che muovono l’Europa in avanti.

Vorrei cogliere l’occasione di questa lettera per invitarla e discutere direttamente con la nostra sezione dei lavoratori portuali sulla nostra analisi dello stato attuale dell’industria portuale e sulle nostre proposte per un futuro socialmente sostenibile dei porti dell’Unione Europea.

Cordiali saluti,
Terje Fenn-Samuelsen

Presidente della sezione Dockers ETF

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