PORTO VECCHIO : RACCONTATO E FOTOGRAFATO
Quello che i nostri occhi
percepiscono e la nostra mente rifiuta è un porto vecchio, il cui layout è
stato concepito con una logica unitaria e dall'introduzione della legge 84/94 è
stato frazionato in numerose concessioni, con le ovvie difficoltà operative per
i singoli terminalisti e spedizionieri.
Guardando dall'alto si può capire
subito come il fascio dei binari abbia dei colli di bottiglia che rallentano
l'introduzione dei convogli ai singoli terminal, ben diverso dall'altro porto,
in cui il fascio di binari entra razionalmente in perpendicolare, garantendo la
possibilità di lavorare contemporaneamente all'introduzione e all'uscita dei
treni completi, senza limiti di lunghezza.
L'esistenza di magazzini a più piani
testimonia quanto sia desueta la sua concezione. Anche il semplice avvicinarsi
all'area portuale, nelle zone immediatamente adiacenti, segna il passaggio da
una città viva ad una zona morta.
Perché parlarne a pochi
giorni dalle elezioni ?
Perché le scelte del
Sindaco sia in qualità di capo della giunta comunale, che in quella di
componente del comitato di gestione dell'Autorità Portuale, condizioneranno
inevitabilmente il recupero futuro di quest'area e la possibilità di rilancio
di tutto il porto commerciale.
Andando con ordine,
partiamo dall'accessibilità: si è già accennato a quella ferroviaria, anche se
sembrano finalmente esserci degli sviluppi positivi.
Ma cosa dire
dell'accessibilità stradale: piazzali di sosta all'esterno dei varchi portuali
sostanzialmente inesistenti, con camionisti spesso in conflitto con il traffico
turistico e con quello privato, con il quale interferisce inevitabilmente,
essendo alcuni stabilimenti balneari e vari approdi turistici situati nel
limitare dell'area portuale. Inoltre, unico caso al mondo suppongo, la
realizzazione della superstrada ha allungato il percorso di chilometri rispetto
al passato, con evidenti aggravi di costo.
Poco prima dell'ingresso
troviamo una stazione fatiscente, alloggio di fortuna di barboni e bivacco di
camionisti in attesa. Subito, a muto baluardo dell'involuzione di questa città
e di questo porto, troviamo questo edificio
Un esempio di come anche il Comune di Trieste possa o meno fare delle scelte a
favore o contro il suo porto: la sua logica destinazione avrebbe potuto essere
quella di una sede unica per l'Agenzia delle Dogane.
Ma come potete leggere dal quotidiano IL PICCOLO, le scelte improbabili delle giunte comunali che si sono susseguite negli
ultimi 15 anni sono causa diretta del suo stato di abbandono. Con il risultato
che l'Agenzia delle Dogane si trova distribuita fra il palazzo di Largo Panfili
e il magazzino 60, unico caso al mondo di una dogana situata all'interno di un
porto; non merita neanche commento il fatto che la dogana dovrebbe stare fuori
dal porto franco internazionale di Trieste e che questa localizzazione
scontenta tutti, i lavoratori delle Dogane innanzitutto.
Ma per passare da un
successo all'altro, ecco un altro edificio adiacente alla vecchia stazione, il
cui decoro si commenta da solo e che avrebbe potuto essere adeguatamente
trasformato in centro servizi, affittando gli uffici modulari agli spedizionieri:
considerando che all'interno del porto non si trova più un buco d'ufficio,
questa sarebbe stata manna dal cielo. Ed invece giace inutilmente abbandonato,
quasi a rimarcare che in questa città, checchè ne dica il nostro premier Renzi
"no se pol", ma anche se se pol, comunque "no ga scopo".
Entrando in porto, si ha
subito la sensazione della confusione, dell'impossibilità di dare una
sistemazione razionale a degli spazi costruiti con una logica diversa dalla
funzione attuale. Abbattere gli edifici storici è cosa lunga, da scoraggiare
qualsiasi imprenditore. Chi lo ha fatto, per poter spianare delle catapecchie
immonde, ha atteso 15 anni. Gli altri sono ancora in fila. Che senso ha aver
messo dei pannelli fotovoltaici (chiunque lo ha fatto a casa propria con il
meccanismo del comodato sa cosa significhi) sopra dei magazzini del secolo
scorso ? Siamo diventati il porto più green dell'Adriatico grazie a questo ?
Magazzini a più piani
incombono sopra le nostre teste, imbarazzando noi e lasciando interdetti i
nostri ospiti, spesso attuali o potenziali clienti. Dove sta un genius in
questa follia ? Come si può pretendere che i terminalisti investano centinaia
di milioni sulle proprie concessioni (ricordiamo che alla scadenza della
concessione, i manufatti realizzati vengono incamerati dal demanio statale e
tanti saluti) per guadagnare qualche centinaio di metri quadrati al mare, se
lato terra migliaia di metri quadrati vengono occupati da questi edifici
storici ? E' un porto vecchio, molto più vecchio di quello che i Triestini
chiamano Porto Vecchio. Tra il cosiddetto Porto Nuovo e il Porto Vecchio passa
la stessa differenza che c'è fra la Uno e la Cinquecento: per far entrare la
marcia alla seconda bisogna fare la doppietta, ma vuoi mettere lo charme e lo
spirito che incorpora, rispetto al senso di sciatteria e approssimazione
tecnica che emana dalla seconda ?
Ed in tutto questo il
Comune ha una grossa responsabilità, che i futuri Triestini valuteranno con
metro diverso rispetto a noi, che passando davanti al magazzino 26 ci chiediamo
come abbiamo permesso che il più bel porto dell'alto Adriatico sia una vecchia
bellissima Cinquecento parcheggiata fra le Rive e Barcola, mentre abbiamo la
Uno in doppia fila fra Servola e la Sacchetta.
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