martedì 31 maggio 2016

LE SUPERNAVI DELLO SHIPPING SENZA PIU' CLIENTI





ECCO L'INDIRIZZO PER LEGGERE L'ARTICOLO SUL 

SITO  DI AFFARI E  FINANZA      

SUPPLEMENTO DI LA REPUBBLICA





Le supernavi dello shipping senza più clienti

IL TRASPORTO MARITTIMO È IN PIENA CRISI PER LA CADUTA DEL COMMERCIO MONDIALE, LA DISCESA DEL PETROLIO E DELLE COMMODITIES E PER IL GIGANTISMO MIOPE DELLE COMPAGNIE ARMATORIALI. PESANTE L’IMPATTO SULLE BANCHE CREDITRICI

Eugenio Occorsio

Il 26 aprile 1956 il primo container fu portato a bordo della Ideal X, una nave della danese Maersk, da Port Newark nel New Jersey, a Houston, Texas. Il sessantesimo compleanno non poteva essere più carico di angosce. Il settore dei container, e dell’intero shipping marittimo che comprende anche il trasporto
delle petroliere e delle “rinfuse” (carbone, granaglie, coils di acciaio, minerale feroso), è in profonda crisi. Non esistono dati consolidati, ma si calcola che per i soli container le perdite siano state di non meno di 15 miliardi di dollari, il quarto anno consevutivo con i bilanci in rosso.



 «È peggio che nel 2008», ha sentenziato Nils Anderson, che della Maersk, diventata nel frattempo la prima compagnia di shipping del pianeta, è il Ceo. L’indice Dry Baltic che misura l’andamento del settore, è sceso da quota 1201 del 6 agosto 2015 ai 624 del 23 maggio, ed era sprofondato fino a 290 il 10 febbraio, il livello più basso di tutti i tempi, non a caso in coincidenza con il livello minimo dei prezzi del petrolio (28,4 dollari al barile Brent negli stessi giorni). 

Poi l’ex oro nero si è risollevato fino agli attuali 50 dollari, ma per una compagnia di shipping, ha ammonito Anderson, il break-even si colloca sopra i 55 dollari per barile, e servirà tempo per recuperare le perdite. Qui sta il primo motivo della crisi dello shipping: i prezzi del greggio che lo scorso anno hanno conoscendo una debacle senza precedenti. In questo caso il profitto per il
vettore è proporzionale al valore delle merci trasportate. 

Ma determinanti sulla crisi dello shipping sono la debolezza del commercio mondiale, il crollo delle commodities, il rallentamento della Cina ad esso collegato, e ancora la sovraccapacità che si era creata negli anni delle vacche grasse e che ora è difficile da smaltire. 


Risultato: tutti i giganti del settore stanno attuando piani di ridimensionamento, ristrutturazione, diversificazione. 

«Soprattutto nel caso dei container c’è stata un’ondata di gigantismo alla quale ha coinciso una contrazione del mercato perchè con i container si trasportano soprattutto generi domestici e i consumi sono in crisi in occidente», commenta Pierluigi Maneschi, presidente dell’Italia di Navigazione del gruppo Evergreen. 


Lo spettacolo che offrono i porti merci da Singapore a Rotterdam, da Hong Kong a New York, è sconfortante: decine di enormi navi alla fonda, immobili e cariche di petrolio che non sanno più dove scaricare perché i serbatoi sono pieni di invenduto o di merci che nel frattempo si sono così svalutate che non è più il caso di venderle. 

«È il peggior momento per quest’industria degli ultimi 60 anni», scrive il Financial Times. Da quando, appunto, fu inventato il container e intorno ad esso si imperniò la nuova giovinezza dell’elite dei gruppi di navigazione mondiali. 

La Maersk che era nata nel 1904 per portare i semi “coloniali” dall’Africa al nord Europa, ha fatto costruire navi sempre più colossali fino alla categoria della “tripla E” ( Energy, Efficiency, Environmentally- improved ) capace di portare 18mila Teu. La francese Compagnie Générale Maritime, che aveva vissuto momenti di gloria fin dal 1855 portando passeggeri fra le due sponde dell’Atlantico con navi storiche come il Normandie e il France, si è fusa con la Compagnie Maritime d’Affrètement che era specializzata nel trasporto merci ma ancora nel 1978 aveva solo una nave sulla linea Beirut-Lattakia-Livorno-Marsiglia, e ha creato il terzo gruppo mondiale con navi in grado di portare 16-17mila Teu (l’unità di misura del settore che equivale a 6,80 metri, mezzo o un container a seconda delle dimensioni). 



Analoga storia per la Hapag- Lloyd di Amburgo, nata nel 1874, e anche di tante compagnie giapponesi, cinesi, coreane. Tutte si sono gettate con investimenti plurimiliardari nel business dei container varando navi sempre più grosse, potenti e costose, e hanno ora impattato contro la cruda realtà. I tempi dell’acquisto delle supernavi non potevano essere scelti peggio perchè concentrati nella prima metà degli anni 2000. Dopo la crisi del 2008 i commerci mondiali sembravano essersi ripresi, ma poi sono nuovamente crollati: lo Shanghai Containerised Freight Index, che calcola quanto le compagnie vengono pagate per ogni container, è ai livelli minimi dalla sua creazione nel 1998. Il noleggio di un container costa 600 euro, contro i 1500 di pochi anni fa. 

E il commercio mondiale è da cinque anni che registra tassi di crescita negativi. «Mentre l’offerta lievitava il commercio scendeva», conferma Andrea Clavarino, ad di Coe&Clerici Logistics e presidente di Assocarboni oltre che membro del board Confitarma. «Nei momenti d’oro, con l’idea che il commercio potesse crescere chissà quanto, perfino i fondi di private equity si sono gettati in questo business con intenti speculativi, ricavandone perdite cocenti. Oggi assistiamo al paradosso che vengono smantellate anche navi di 15 anni di vita contro i 25-30 di media precedenti. Speriamo che per fine anno offerta e domanda si riequilibrino». 



Jonathan Roach, analista del broker specializzato Braemar, parla di “tempesta perfetta” che semina perdite e licenziamenti. 

Con conseguenze a catena sul sistema bancario e assicurativo nordeuropeo, giapponese e americano, pesantemente esposto verso un settore capital intensive : «L’eccesso di capacità è diventato strutturale e quel che è peggio è che, come per i campi petroliferi, proprio quelli che sono all’origine del disastro, ci sono massicci investimenti in corso che non si possono bloccare ». Nuove e più grandi navi vengono costruite soprattutto nei cantieri tedeschi, polacchi e coreani, con la certezza che andranno in perdita. 

Perfino l’apertura del Canale di Panama “allargato” del 26 giugno, con 80 capi di Stato già invitati, acuirà i problemi, «perché metterà pressione sulle compagnie per liberarsi delle navi più vecchie e piccole per dare spazio a quelle più grandi per le quali il canale è concepito, le uniche che avrà un senso farci passare visti i prezzi di pedaggio: ma sull’economicità dell’operazione non c’è da scommetterci». 

Ron Widdows, consulente del settore nonché ex-Ceo della Neptune Orient Lines, è stato ancora più esplicito parlando al Daily Telegraph (Londra è la capitale dei noli fin dai tempi delle colonie d’oltreoceano): «Il comparto del container shipping è completamente devastato». La via di fuga per le compagnie è il consolidamento. 

La Hapag-Lloyd di Amburgo ha avviato il mese scorso le trattative per la fusione con la United Arab Shipping Company degli Emirati. La francese Cma-Cgm ha annunciato l’acquisto per 2,4 miliardi di dollari della Neptune Orient Lines di Singapore. Pochi giorni fa le due maggiori compagnie statali cinesi, la Cosco e la China Shipping, hanno deciso di fondesi e chiamarsi China Cosco. Intanto gli stessi protagonisti sono all’affannosa ricerca di partnership: è appena nata la Ocean Alliance fra la già citata Cma-Cgm e la stessa Cosco, allargata alla taiwanese Evergreen e all’Orient Overseas Container Line di Hong Kong. Negli stessi giorni tre grosse compagnie giapponesi - Mitsui Osk, K Line e NYK - hanno dato vita al consorzio The Alliance con la stessa Hapag- Lloyd, la Yang Ming di Taiwan e la sudcoreana Hanjin Shipping. 

Quest’ultima ha il poco invidiabile record di aver perso il 35% di fatturato negli ultimi quattro anni. La corsa per non affondare, è il caso di usare questo termine, è partita. 



NOTA DI FAQ TRIESTE : Un articolo su Affari&Finanza non basterà a raggiungere il grande pubblico ma è un ulteriore passo nella direzione di far conoscere anche questa versione "critica" e "scettica" sul gigantismo navale. I nostri lettori, non subiranno alcun shock da questa notizia e non si troveranno imbarazzati a leggere una nota dove le megaportacontainer vengono definite "zombie". Immaginatevi la reazione di un lettore de IL PICCOLO o di altri quotidiani locali di Venezia ad esempio quando tra qualche mese verranno a sapere che esistono anche altri punti di vista. Voi continuate a concedervi un vantaggio sull'informazione, continuate a leggere FAQTRIESTE.

Nessun commento:

Posta un commento