martedì 5 gennaio 2016

DA BRUXELLES AL MOLO SETTIMO. SOLO IPOTESI O C'E' QUALCOSA DI VERO ?

La notizia parte dall'articolo di Federico Fubini che sul Corriere della Sera del 27 novembre scorso domanda se è vero che la Unione Europea sta preparando un dossier Italia di procedure.  vedi articolo

All'interno dell'articolo un simpatico disegno riassuntivo



Anche SHIP2SHORE aveva anticipato qualcosa in data 19 novembre - vai al sito di Ship2Shore - e la stessa rivista specializzata è ritornata al 31 dicembre sull'argomento occupandosi in particolare del nodo sui porti.

L'articolo in questione è stato pubblicato da PrimoCanale di Genova e potete leggerlo a questo indirizzo cliccando su questo titolo


Noi riportiamo solo il riferimento alla presidente Serracchiani e alla concessione di 60 anni che è la condizione da sempre posta per l'investimento per realizzare il raddoppio del Molo VII

" Tant’è, però, il regolamento ancora non c’è e il Governo non ha smentito le indiscrezioni del Corsera, che peraltro confermerebbero i rilievi sul provvedimento sollevati anche in Italia dal senatore Maurizio Rossi. 

Nel frattempo si è proceduto (“con l’eccezione, distorsiva  della concorrenza, di un unico porto” ricorda Conforti riferendosi al caso genovese) e, in alcuni casi, accelerato, coi rinnovi ultradecennali ‘all’antica’, cioè secondo la normativa vigente (con scarso o nullo ricorso a procedure ad evidenza pubblica e spesso labile legame fra piani d’investimento e durata delle concessioni). 

Con partecipazione sentita, anzi, del partito di maggioranza di Governo, come a Trieste ad esempio, dove la governatrice Debora Serracchiani ha celebrato in pompa magna i 60 anni di proroga assentiti all’accoppiata Maneschi-Aponte sul TMT-Trieste Marine Terminal, organizzando addirittura una cerimonia in Regione. "


NOTA DI FAQTRIESTE : Noi siamo abituati a porre domande, anche scomode, mentre non ci piace mescolare giudizi e notizie. Sembra quasi che il punto d'arrivo di tutto l'argomentare sia indicare il bersaglio delle concessioni nel Porto di Trieste. Concessioni che hanno già superato più di un esame dalla Unione Europea nei mesi scorsi. 





DI SEGUITO TESTI COMPLETI

Aiuti di Stato

La commissione Ue prepara la procedura contro l‘ Italia per il caso Ilva Nel mirino anche i sussidi alla banda larga e le concessioni autostradali La squadra Il ministro Gozi vuole creare una squadra a Palazzo Chigi per gestire le contestazioni

Se solo oggi si riunisce il Consiglio dei ministri per garantire un futuro a quattro banche di Ferrara, Arezzo, Chieti e Ancona, è perché qualcosa prima non ha funzionato. Per mesi fra il governo e la Commissione Ue era andata in scena una lunga trama di equivoci su cos'è un salvataggio pubblico e come evitare di finire sotto esame a Bruxelles per questo. Alla fine, dopo molti tentativi ? per colpe non solo italiane ? la trappola sarà probabilmente evitata.

Resta un problema: non è l'unica. Non ci sono solo le banche, siano esse quattro istituti di provincia o un intero sistema che va liberato delle tossine della Grande recessione. Vista da Bruxelles, dagli uffici della direzione della Concorrenza che si occupano di aiuti di Stato, l'Italia oggi deve probabilmente sembrare qualcosa di più complesso: un Paese dalle amministrazioni deboli, poco coordinate, spesso catturate da imprese e gruppi d'interesse che realizzano profitti (anche) grazie una miriade di sussidi più o meno sommersi. Non è detto un?impressione del genere sia sempre corretta. In molti casi il dialogo fra Roma e Bruxelles per prevenire guai o abusi funziona. In altri si cerca di rimediare a problemi conclamati. Eppure la lista dei dossier silenziosamente aperti alla Commissione Ue per i sussidi pubblici di cui è percorsa l?intera economia italiana è lunga. Copre tutti i settori nei quali esistano concessioni, regolazione o intervento del settore pubblico: dall'acciaio, alle concessioni per porti, aeroporti, autostrade, ai casi di Poste, Rai, Anas, Ferrovie dello Stato, fino alla stesura della rete a banda larga, agli sgravi per le imprese ad alto consumo di energia scaricati sulle bollette dei cittadini, agli indennizzi delle aziende in aree colpite da calamità naturali. Né aiuta ad allentare la vigilanza il fatto che questo sia l?ultimo Paese in Europa per il rimborso di aiuti di Stato illegali. Il caso IlvaIl caso più serio riguarda l?Ilva. Per il gruppo dell?acciaio basato a Taranto, l?avvio di un?indagine formale per aiuti di Stato è ormai imminente e l?opinione a Bruxelles è che essi siano illegali. Il progetto del governo di usare per l?impresa commissariata circa 1,2 miliardi di euro della famiglia Riva sembra pieno di problemi: il Tribunale di Milano può sequestrare quei fondi solo per reati fiscali degli ex azionisti dell?Ilva, non perché la famiglia li avrebbe sottratti all?impresa; dunque si tratta di risorse dello Stato che non possono essere reinvestite nel gruppo. Visto da Bruxelles, c?è poi un secondo problema: il governo si sta facendo carico dei i costi di risanamento ambientale (500 milioni per ora, 1,8 miliardi in totale) che spetterebbero all?Ilva. Non sfugge agli altri gruppi dell?acciaio che l?eccesso di produzione in Europa corrisponde esattamente alle quantità messe sul mercato dall?Ilva (con forti perdite). Da Arcelor-Mittal a Eurofer, i concorrenti stanno mettendo la Commissione Ue sotto pressione perché fermi Taranto. Né è escluso che Bruxelles ingiunga all?Italia di sospendere immediatamente l?aiuto: significherebbe chiudere da subito un impianto che dà lavoro a 12 mila persone più altre ottomila nell?indotto di una delle aree più impoverite d?Europa. Per ora il governo è in tempo per negoziare un compromesso, ma a Roma e a Bruxelles ammettono che la vicenda è stata gestita male. Il negoziato con la Commissione Ue sulla banda larga, da stendere con un contributo pubblico di 2,2 miliardi più altri due di fondi europei, è stato più attento. Anche qui però le antenne a Bruxelles si sono drizzate: l?idea di costituire partenariati pubblico-privati per portare la rete in aree a bassa densità di popolazione. Non è impossibile farlo senza concedere sussidi nascosti a qualcuno, ma i fari europei sono già puntati.Il nodo Poste Anche su Poste italiane il confronto fra Roma e Bruxelles da mesi è intenso. L?Italia è riuscita a disinnescare le contestazioni che rischiavano di bloccare la privatizzazione di questo autunno, ma alcune di esse restano: la mancata separazione contabile fra le varie attività del gruppo, il suo diritto a svolgere attività ad esso riservate, il contratto in base al quale svolge il servizio pubblico. Del resto anche la Rai ha un problema simile, secondo Bruxelles: il diritto ad assicurare il servizio pubblico, per cui incassa una parte importante del canone, andrebbe messo a gara fra emittenti in concorrenza. Problemi di separazione contabile e aree esclusive di attività riguardano anche Trenitalia e, in una certa misura, Anas. Sulla società di gestione della rete stradale l?attenzione a Bruxelles è massima da quando si è capito che si finanzierà con parte del prelievo fiscale sulla benzina, eppure sarà considerata una società per azioni fuori dal bilancio statale e potrà concorrere con privati per appalti e concessioni.Autostrade e aeroporti Proprio le concessioni e la durata a volte grottesca delle loro proroghe sono per Bruxelles un problema sulle autostrade e soprattutto sui porti. Sulle prima resta nel decreto sblocca Italia un articolo (numero 5) contestato dalla Commissione. Sulle seconde, da Genova e Trieste, in Italia continuano le proroghe di 50 o 60 anni dei diritti esclusivi degli operatori. Per non parlare del faro acceso a Bruxelles sui circa 30 aeroporti minori, finanziariamente non sostenibili e spesso molto vicini fra loro. Un solo problema fin qui sembra (quasi) risolto: i risarcimenti versati a migliaia di imprese presenti in aree colpite di calamità naturali, da Piemonte all?Abruzzo, ma in realtà rimaste rimaste indenni .Ora Sandro Gozi, ministro per gli Affari europei, vuole creare una nuova squadra a Palazzo Chigi per affrontare l?ondata di contestazione in arrivo dall’Europa. A suo modo, sarebbe una spending review. Purché non finisca come quella ufficiale

Federico Fubini  Corrriere della Sera 27 novembre



Concessioni portuali, stop di Bruxelles

di Andrea Moizo

Il provvedimento è atteso da 21 anni e sono passati ormai 40 giorni da quando il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti assicurò, durante una visita a Genova, che il regolamento sulle concessioni portuali era “alla firma del Ministero dell’Economia”. E diversi mesi dall’annuncio della predisposizione del relativo decreto.
Che però, ad oggi, sembrerebbe essersi perso da qualche parte. O esser finito nelle strette maglie della DG Competition. Lunedì scorso, infatti, il nuovo regolamento sulle “concessioni portuali”, nella versione elaborata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e circolata a fine ottobre (nessun obbligo di gara né limiti di durata), è stato inserito dal Corriere della Sera in una lista di 11 dossier problematici, 11 temi, cioè, su cui le decisioni del Governo, sottoposte alla Commissione Europea, sarebbero state da questa stigmatizzate e/o stoppate. Fra essi argomenti arcinoti come il pacchetto di aiuti legato alla cessione di Ilva e i rinnovi delle concessioni autostradali.
Nonché, appunto, il regolamento sulle concessioni portuali. Sono passati due giorni e, malgrado l’esplicita richiesta, il Governo non ha smentito il quotidiano di Via Solferino. “A noi risulta che il regolamento abbia superato l’iter nazionale e che sia poi stato sottoposto a Bruxelles. Non abbiamo riscontri ufficiali, ma i rumor sostengono che non sarebbero stati creati problemi dalla DG Competition” spiega Marco Conforti, presidente di Assiterminal, che però aggiunge: “Ci era stato assicurato che il regolamento sarebbe stato emanato prima di Natale. Certo, dopo 21 anni di attesa, anche se fosse il 15 gennaio non ci sarebbe da lamentarsi. Vedremo, quel che posso dire è che non mi risultano problemi da Bruxelles”.
Tant’è, però, il regolamento ancora non c’è e il Governo non ha smentito le indiscrezioni del Corsera, che peraltro confermerebbero i rilievi sul provvedimento sollevati anche in Italia dal senatore Maurizio Rossi. Nel frattempo si è proceduto (“con l’eccezione, distorsiva  della concorrenza, di un unico porto” ricorda Conforti riferendosi al caso genovese) e, in alcuni casi, accelerato, coi rinnovi ultradecennali ‘all’antica’, cioè secondo la normativa vigente (con scarso o nullo ricorso a procedure ad evidenza pubblica e spesso labile legame fra piani d’investimento e durata delle concessioni). Con partecipazione sentita, anzi, del partito di maggioranza di Governo, come a Trieste ad esempio, dove la governatrice Debora Serracchiani ha celebrato in pompa magna i 60 anni di proroga assentiti all’accoppiata Maneschi-Aponte sul TMT-Trieste Marine Terminal, organizzando addirittura una cerimonia in Regione.

Andrea Moizo   SHIP2SHORE 31 dicembre 2015



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