All'interno dell'articolo un simpatico disegno riassuntivo
Anche SHIP2SHORE aveva anticipato qualcosa in data 19 novembre - vai al sito di Ship2Shore - e la stessa rivista specializzata è ritornata al 31 dicembre sull'argomento occupandosi in particolare del nodo sui porti.
L'articolo in questione è stato pubblicato da PrimoCanale di Genova e potete leggerlo a questo indirizzo cliccando su questo titolo
Noi riportiamo solo il riferimento alla presidente Serracchiani e alla concessione di 60 anni che è la condizione da sempre posta per l'investimento per realizzare il raddoppio del Molo VII
" Tant’è, però, il regolamento ancora non c’è e il Governo non
ha smentito le indiscrezioni del Corsera, che peraltro confermerebbero i
rilievi sul provvedimento sollevati anche in Italia dal senatore Maurizio
Rossi.
Nel frattempo si è proceduto (“con l’eccezione, distorsiva della concorrenza, di un unico porto” ricorda
Conforti riferendosi al caso genovese) e, in alcuni casi, accelerato, coi
rinnovi ultradecennali ‘all’antica’, cioè secondo la normativa vigente (con
scarso o nullo ricorso a procedure ad evidenza pubblica e spesso labile legame
fra piani d’investimento e durata delle concessioni).
Con partecipazione
sentita, anzi, del partito di maggioranza di Governo, come a Trieste ad
esempio, dove la governatrice Debora Serracchiani ha celebrato in pompa magna i
60 anni di proroga assentiti all’accoppiata Maneschi-Aponte sul TMT-Trieste
Marine Terminal, organizzando addirittura una cerimonia in Regione. "
NOTA DI FAQTRIESTE : Noi siamo abituati a porre domande, anche scomode, mentre non ci piace mescolare giudizi e notizie. Sembra quasi che il punto d'arrivo di tutto l'argomentare sia indicare il bersaglio delle concessioni nel Porto di Trieste. Concessioni che hanno già superato più di un esame dalla Unione Europea nei mesi scorsi.
DI SEGUITO TESTI COMPLETI
Aiuti di Stato
La commissione Ue prepara la procedura contro l‘ Italia per
il caso Ilva Nel mirino anche i sussidi alla banda larga e le concessioni
autostradali La squadra Il ministro Gozi vuole creare una squadra a Palazzo
Chigi per gestire le contestazioni
Se solo oggi si riunisce il Consiglio dei ministri per
garantire un futuro a quattro banche di Ferrara, Arezzo, Chieti e Ancona, è
perché qualcosa prima non ha funzionato. Per mesi fra il governo e la
Commissione Ue era andata in scena una lunga trama di equivoci su cos'è un
salvataggio pubblico e come evitare di finire sotto esame a Bruxelles per
questo. Alla fine, dopo molti tentativi ? per colpe non solo italiane ? la
trappola sarà probabilmente evitata.
Resta un problema: non è l'unica. Non ci
sono solo le banche, siano esse quattro istituti di provincia o un intero
sistema che va liberato delle tossine della Grande recessione. Vista da
Bruxelles, dagli uffici della direzione della Concorrenza che si occupano di
aiuti di Stato, l'Italia oggi deve probabilmente sembrare qualcosa di più
complesso: un Paese dalle amministrazioni deboli, poco coordinate, spesso
catturate da imprese e gruppi d'interesse che realizzano profitti (anche)
grazie una miriade di sussidi più o meno sommersi. Non è detto un?impressione
del genere sia sempre corretta. In molti casi il dialogo fra Roma e Bruxelles
per prevenire guai o abusi funziona. In altri si cerca di rimediare a problemi
conclamati. Eppure la lista dei dossier silenziosamente aperti alla Commissione
Ue per i sussidi pubblici di cui è percorsa l?intera economia italiana è lunga.
Copre tutti i settori nei quali esistano concessioni, regolazione o intervento
del settore pubblico: dall'acciaio, alle concessioni per porti, aeroporti,
autostrade, ai casi di Poste, Rai, Anas, Ferrovie dello Stato, fino alla
stesura della rete a banda larga, agli sgravi per le imprese ad alto consumo di
energia scaricati sulle bollette dei cittadini, agli indennizzi delle aziende
in aree colpite da calamità naturali. Né aiuta ad allentare la vigilanza il fatto
che questo sia l?ultimo Paese in Europa per il rimborso di aiuti di Stato
illegali. Il caso IlvaIl caso più serio riguarda l?Ilva. Per il gruppo
dell?acciaio basato a Taranto, l?avvio di un?indagine formale per aiuti di
Stato è ormai imminente e l?opinione a Bruxelles è che essi siano illegali. Il
progetto del governo di usare per l?impresa commissariata circa 1,2 miliardi di
euro della famiglia Riva sembra pieno di problemi: il Tribunale di Milano può
sequestrare quei fondi solo per reati fiscali degli ex azionisti dell?Ilva, non
perché la famiglia li avrebbe sottratti all?impresa; dunque si tratta di
risorse dello Stato che non possono essere reinvestite nel gruppo. Visto da
Bruxelles, c?è poi un secondo problema: il governo si sta facendo carico dei i
costi di risanamento ambientale (500 milioni per ora, 1,8 miliardi in totale)
che spetterebbero all?Ilva. Non sfugge agli altri gruppi dell?acciaio che
l?eccesso di produzione in Europa corrisponde esattamente alle quantità messe
sul mercato dall?Ilva (con forti perdite). Da Arcelor-Mittal a Eurofer, i
concorrenti stanno mettendo la Commissione Ue sotto pressione perché fermi
Taranto. Né è escluso che Bruxelles ingiunga all?Italia di sospendere
immediatamente l?aiuto: significherebbe chiudere da subito un impianto che dà
lavoro a 12 mila persone più altre ottomila nell?indotto di una delle aree più
impoverite d?Europa. Per ora il governo è in tempo per negoziare un
compromesso, ma a Roma e a Bruxelles ammettono che la vicenda è stata gestita
male. Il negoziato con la Commissione Ue sulla banda larga, da stendere con un
contributo pubblico di 2,2 miliardi più altri due di fondi europei, è stato più
attento. Anche qui però le antenne a Bruxelles si sono drizzate: l?idea di
costituire partenariati pubblico-privati per portare la rete in aree a bassa
densità di popolazione. Non è impossibile farlo senza concedere sussidi
nascosti a qualcuno, ma i fari europei sono già puntati.Il nodo Poste Anche su
Poste italiane il confronto fra Roma e Bruxelles da mesi è intenso. L?Italia è
riuscita a disinnescare le contestazioni che rischiavano di bloccare la
privatizzazione di questo autunno, ma alcune di esse restano: la mancata
separazione contabile fra le varie attività del gruppo, il suo diritto a
svolgere attività ad esso riservate, il contratto in base al quale svolge il
servizio pubblico. Del resto anche la Rai ha un problema simile, secondo
Bruxelles: il diritto ad assicurare il servizio pubblico, per cui incassa una
parte importante del canone, andrebbe messo a gara fra emittenti in
concorrenza. Problemi di separazione contabile e aree esclusive di attività
riguardano anche Trenitalia e, in una certa misura, Anas. Sulla società di
gestione della rete stradale l?attenzione a Bruxelles è massima da quando si è
capito che si finanzierà con parte del prelievo fiscale sulla benzina, eppure
sarà considerata una società per azioni fuori dal bilancio statale e potrà
concorrere con privati per appalti e concessioni.Autostrade e aeroporti Proprio
le concessioni e la durata a volte grottesca delle loro proroghe sono per
Bruxelles un problema sulle autostrade e soprattutto sui porti. Sulle prima
resta nel decreto sblocca Italia un articolo (numero 5) contestato dalla
Commissione. Sulle seconde, da Genova e Trieste, in Italia continuano le
proroghe di 50 o 60 anni dei diritti esclusivi degli operatori. Per non parlare
del faro acceso a Bruxelles sui circa 30 aeroporti minori, finanziariamente non
sostenibili e spesso molto vicini fra loro. Un solo problema fin qui sembra
(quasi) risolto: i risarcimenti versati a migliaia di imprese presenti in aree
colpite di calamità naturali, da Piemonte all?Abruzzo, ma in realtà rimaste
rimaste indenni .Ora Sandro Gozi, ministro per gli Affari europei, vuole creare
una nuova squadra a Palazzo Chigi per affrontare l?ondata di contestazione in
arrivo dall’Europa. A suo modo, sarebbe una spending review. Purché non finisca
come quella ufficiale
Federico Fubini
Corrriere della Sera 27 novembre
Concessioni portuali, stop di Bruxelles
di Andrea Moizo
Il provvedimento è atteso da 21 anni e sono passati ormai 40
giorni da quando il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti assicurò, durante
una visita a Genova, che il regolamento sulle concessioni portuali era “alla
firma del Ministero dell’Economia”. E diversi mesi dall’annuncio della
predisposizione del relativo decreto.
Che però, ad oggi, sembrerebbe essersi perso da qualche
parte. O esser finito nelle strette maglie della DG Competition. Lunedì scorso,
infatti, il nuovo regolamento sulle “concessioni portuali”, nella versione
elaborata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e circolata a fine
ottobre (nessun obbligo di gara né limiti di durata), è stato inserito dal
Corriere della Sera in una lista di 11 dossier problematici, 11 temi, cioè, su
cui le decisioni del Governo, sottoposte alla Commissione Europea, sarebbero
state da questa stigmatizzate e/o stoppate. Fra essi argomenti arcinoti come il
pacchetto di aiuti legato alla cessione di Ilva e i rinnovi delle concessioni
autostradali.
Nonché, appunto, il regolamento sulle concessioni portuali.
Sono passati due giorni e, malgrado l’esplicita richiesta, il Governo non ha
smentito il quotidiano di Via Solferino. “A noi risulta che il regolamento
abbia superato l’iter nazionale e che sia poi stato sottoposto a Bruxelles. Non
abbiamo riscontri ufficiali, ma i rumor sostengono che non sarebbero stati
creati problemi dalla DG Competition” spiega Marco Conforti, presidente di
Assiterminal, che però aggiunge: “Ci era stato assicurato che il regolamento
sarebbe stato emanato prima di Natale. Certo, dopo 21 anni di attesa, anche se
fosse il 15 gennaio non ci sarebbe da lamentarsi. Vedremo, quel che posso dire
è che non mi risultano problemi da Bruxelles”.
Tant’è, però, il regolamento ancora non c’è e il Governo non
ha smentito le indiscrezioni del Corsera, che peraltro confermerebbero i
rilievi sul provvedimento sollevati anche in Italia dal senatore Maurizio
Rossi. Nel frattempo si è proceduto (“con l’eccezione, distorsiva della concorrenza, di un unico porto” ricorda
Conforti riferendosi al caso genovese) e, in alcuni casi, accelerato, coi
rinnovi ultradecennali ‘all’antica’, cioè secondo la normativa vigente (con
scarso o nullo ricorso a procedure ad evidenza pubblica e spesso labile legame
fra piani d’investimento e durata delle concessioni). Con partecipazione
sentita, anzi, del partito di maggioranza di Governo, come a Trieste ad
esempio, dove la governatrice Debora Serracchiani ha celebrato in pompa magna i
60 anni di proroga assentiti all’accoppiata Maneschi-Aponte sul TMT-Trieste
Marine Terminal, organizzando addirittura una cerimonia in Regione.
Andrea Moizo
SHIP2SHORE 31 dicembre 2015
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