che a noi interessa per la parte riguardante i traffici portuali che sono l'argomento della relazione del dott. Alessandro R. Ungaro che è ricercatore del Programma Sicurezza e Difesa dello stesso istituto.
Relazione che trovate cliccando qui
Traffici navali, portualità e logistica
Non solo crisi, minacce e instabilità - come troppo spesso
siamo ormai abituati a sentire - ma anche grandi opportunità economiche,
commerciali e infrastrutturali per l’Italia. È un
Mediterraneo a 360 gradi
quello che verrà discusso il prossimo 30 novembrea Roma durante una conferenza
IAI, la quale tratterà in maniera olistica il concetto di sicurezza nella
regione mediterranea, declinandola nei suoi principali aspetti politici,
economici, energetici, migratori e militari.
Un’analisi che cerca altresì di fotografare una realtà -
quella dei porti e della logistica italiana - alla ricerca di un nuovo
vantaggio competitivo all’interno della regione, a fronte di nuove direttrici
di sviluppo navali, commerciali e infrastrutturali.
Il Mediterraneo punto nevralgico per i commerci e l’economia
internazionali
Nonostante l’instabile contesto politico regionale, il
Mediterraneo rappresenta ancora un punto nevralgico per i commerci e l’economia
internazionali. Vi transita il 19%-20% del traffico marittimo mondiale (nel
2005 era il 15%). In questo bacino passa il 30% del petrolio mondiale e circa i
2/3 delle altre risorse energetiche destinate all’Italia e ai Paesi europei.
Se dalle merci si passa ai passeggeri, nel 2014 sono
transitati dai porti del Mediterraneo circa 26 milioni di crocieristi, grazie
alla presenza di 152 navi e l’offerta di 2.615 itinerari: è la seconda
destinazione al mondo dopo i Caraibi.
Pertanto, la regione a sud del Mediterraneo rimane cruciale
per l’Italia non solo in termini di performance commerciali - di prodotti
energetici e non - ma anche per una potenziale crescita economica ed
occupazionale della regione del Mezzogiorno, quella più direttamente coinvolta
e interessata ad accrescere il suo ruolo nella partita.
L’interscambio dell’Italia con la sola area mediterranea è
cresciuto del 64,4% tra il 2001 al 2013, passando da 33,3 a 54,8 miliardi di
euro. Il fatto che tale interscambio si svolga per il 75% via mare dimostra
ulteriormente quanto siano fondamentali i traffici marittimi per un Paese come
l’Italia e, più in generale, quanto sia fondamentale il sistema marittimo per
l’economia nazionale.
Ad esempio, il solo segmento della cantieristica occupa un
ruolo di primo piano: esso si posiziona ai primi posti tra le imprese della
cosiddetta “economia del mare”, con circa 27 mila attività imprenditoriali, il
64,2% delle quali localizzate nei comuni costieri, che incidono per il 15,2%
sul totale delle imprese del settore.
Nel suo complesso, la filiera della cantieristica è capace
di generare un effetto moltiplicatore pari a 2,4 euro sul resto dell’economia:
a fronte di 7,2 miliardi di euro prodotti nel 2014 ne sono stati attivati 17,4
derivanti in primo luogo da attività legate alla metallurgia, alla ricerca e sviluppo,
ecc.
Portualità e logistica mediterranea: nuovi trend di sviluppo
Il potenziamento logistico e infrastrutturale dei porti dei
Paesi della sponda sud ha contribuito a cambiare il panorama dell’economia
marittima mediterranea europea e internazionale. Lo sviluppo dei terminali di
transhipment in Egitto e Marocco ha permesso a questi Paesi di entrare nel
mercato della gestione del traffico di container.
Ciò, da una parte, ha certamente generato nuove opportunità
per molti Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo (tra cui l’Italia)
ma, d’altra, i nuovi hub mediterranei si sono affermati come alternativa ai
porti europei, proprio per le caratteristiche logistiche (e non solo) che
meglio si adattano alle esigenze dell’odierno commercio marittimo.
I porti della sponda sud del Mediterraneo tra il 2005 e il
2013 hanno aumentato la propria quota di mercato, passando dal 18% al 27%, a
discapito dei porti italiani di Gioia Tauro, Cagliari e Taranto che sono
passati complessivamente dal 28% al 16%.
Nello stesso periodo i due hub del Pireo e di Malta hanno
incrementato la loro quota di mercato dal 17% al 23%, mentre due nuovi
concorrenti si sono affacciati nel panorama mediterraneo: Tanger Med in Marocco
(da 0 a 10% tra il 2005 e il 2013) e Port Said in Egitto (da 10 a 14%).
A queste tendenze si aggiungono necessariamente
l’ampliamento del Canale di Suez e le prospettive di crescita di quei Paesi che
si trovano lungo la direttrice Mediterraneo-Golfo, quali Egitto, Israele ed
Emirati Arabi, fino a includere anche l’Iran alla luce del raggiunto accordo
sul nucleare e la progressiva rimozione delle regime sanzionatorio.
Il Piano strategico nazionale della portualità e della
logistica (Psnpl)
Ed è in questo contesto in piena evoluzione che si inquadra
il recente Piano strategico nazionale della portualità e della logistica
(Psnpl). Esso cerca di colmare quei gap organizzativi, burocratici e funzionali
- che impediscono all’impianto portuale e logistico italiano nel suo complesso
di esprimere pienamente le proprie qualità di asset strategico per il tutto
sistema-Paese.
E proprio di “sistema” che l’Italia deve necessariamente
dotarsi per “garantire un rilancio del settore portuale e logistico
massimizzando sia il valore aggiunto che il ‘Sistema Mare’ può garantire in
termini puramente quantitativi di aumento dei traffici sia affinché il ‘Sistema
Mare’ arrivi ad esplicare tutto il suo potenziale nella creazione di nuovo
valore aggiunto in termini economici ed occupazionali per l’intero Paese.
Alessandro R. Ungaro è ricercatore del Programma Sicurezza e
Difesa dello Istituto Affari Internazionali
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