martedì 15 dicembre 2015

IL CONFINE DEI GIGANTI - UN NOSTRO CONTRIBUTO

Il Confine dei Giganti è l’indovinato titolo del convegno organizzato a Roma da Federagenti  per il prossimo 16 dicembre. 

L’obiettivo della discussione sarà quindi la possibilità di porre un limite al gigantismo navale, o meglio di fissare il punto di crescita dopo il quale gli eventuali benefici diventano inesorabilmente dei danni rilevanti.

Quando cioè le cose della vita vanno “ Di bene in peggio “ come nel libro di Paul Watzlavick dal quale andiamo a rubare alcuni passaggi.

Iniziamo dal sottotitolo che in questo caso applichiamo all’argomento che stiamo trattando:

IL GIGANTISMO NAVALE Istruzioni per un successo catastrofico


Siamo rimasti sorpresi che in un libretto di analisi dei comportamenti
umani, scritto qualche decennio fa l’autore portasse come esempio proprio il gigantismo navale di allora, quello delle super petroliere. 

Leggere per credere: … E’ molto più antieconomico trasportare un certo quantitativo di petrolio con due petroliere piccole piuttosto che con una petroliera a doppia capacità di carico. Raddoppiarne o addirittura quintuplicarne il tonnellaggio parrebbe quindi la soluzione più ovvia. Con grande meraviglia degli esperti, tuttavia, una maggior quantità di una cosa non è più la stessa cosa: a partire da un certo tonnellaggio questi giganti si comportano infatti in maniera diversa, imprevedibile rispetto ai loro più piccoli predecessori. Alcuni dei gravissimi incidenti che hanno coinvolto le petroliere negli ultimi decenni – avvenuti in pieno giorno e con il mare calmo – sono riconducibili alla scarsa manovrabilità di queste navi.

Nel libro l’autore ci propone un ulteriore esempio non marittimo ma riconducibile al gigantismo nelle soluzioni che l’autore contesta e critica. 

Nulla sembra più logico del supporre che una certa soluzione, una volta trovata e sperimentata, possa essere applicata dopo adeguata moltiplicazione a problematiche più ampie. Cento volte tanto, però, solo nella matematica pura è davvero cento volte tanto.


Il secondo caso è più istruttivo. 

Onde proteggere prima del lancio i propri enormi razzi dagli influssi atmosferici  - in particolare da pioggia e fulmini – l’ente spaziale americano decise di edificare un hangar di grandezza sufficiente a contenerli. Gli hangar si costruiscono ormai da decenni, e non ci volle molto a moltiplicare per dieci i progetti del più grande hangar esistente. 

Come afferma John Gall nel suo interessantissimo libro Systemantics, ci si accorse allora con puntuale meraviglia degli esperti, che uno spazio vuoto di queste dimensioni ( si tratta del più vasto edificio nel mondo ) produce un proprio clima interno, con nuvole e pioggia e scariche di energia elettrostatica: proprio i fenomeni dai quali ci si sarebbe dovuti proteggere.


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