Due cose da dire. Come potete vedere in questo breve video sulla destra del blog c'è una casella con scritto ricerca nel blog. Ci abbiamo scritto " piano organico " ed abbiamo ottenuto tutti gli articoli che abbiamo dedicato all'argomento fino ad oggi sul nostro Blog.
Ora riprendiamo l'argomento proponendovi un articolo specifico che la Gazzetta Marittima ha dedicato all'argomento lo scorso 20 aprile.
Il nostro collaboratore dottor Luca
Brandimarte, junior advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori,
affronta oggi il tema del Piano Organico Porti.
ROMA – Nel numero di questa settimana affrontiamo una tematica a
nostro avviso emblematica dell’attuale scenario che caratterizza il mondo del
lavoro in ambito portuale: il c.d. “Piano dell’organico del porto dei
lavoratori delle imprese di cui agli articoli 16,17,18” della Legge portuale
(“Piano Organico Porto”).
Il Piano Organico Porto, si colloca nel solco di un’esigenza
avvertita a livello legislativo di programmazione del lavoro in ambito portuale
volta a cercare di tutelare maggiormente gli operatori di settore, segnatamente
i lavoratori delle imprese di cui agli articoli 16, 17 e 18 della Legge
portuale (i.e. Legge n. 84/94) mediante l’individuazione dell’attuale struttura
operativa che caratterizza il mondo del lavoro portuale all’interno delle
singole realtà locali.
Tale necessità di “riorganizzazione” concretizzatasi, appunto,
con il c.d. “Correttivo porti” del 2017 – pubblicato in G.U. nel febbraio del
2018 – che ha introdotto la figura del Piano Organico Porto all’interno della
Legge portuale, ha trovato la propria ragion d’essere nel susseguirsi di
fenomeni quali, a titolo esemplificativo ma non esclusivo, l’automatizzazione
delle operazioni portuali e il gigantismo navale che hanno comportato e
continuano tutt’ora a comportare una serie di implicazioni per lo scenario
portuale italiano e quindi per i lavoratori che operano all’interno del porto.
Da qui l’introduzione all’articolo 8, comma 3, lett. s-bis) della Legge n.
84/94 del Piano Organico Porto, quale documento di valore strategico di
ricognizione e di analisi dei fabbisogni lavorativi all’interno dei singoli
scali portuali.
Ai sensi del predetto articolo, il Presidente della singola
Autorità di Sistema Portuale (“AdSP”) adotta, previa delibera del Comitato di
Gestione e sentita la Commissione Consultiva competente, sulla base dei piani
di impresa, degli organici e del fabbisogno lavorativo comunicati dalle imprese
di cui agli articoli 16 e 18 e dell’organico del soggetto di cui all’articolo
17, il Piano dell’organico del porto dei lavoratori delle imprese di cui agli
articoli 16, 17 e 18 della Legge portuale.
Come già anticipato, il Piano Organico Porto è un documento di
natura strategica avente validità triennale, revisionato su base annuale, il
cui compito è quello di “fotografare” la situazione relativa allo scenario
lavorativo all’interno delle singole realtà portuali soggette alla
giurisdizione delle AdSP. Alla luce di ciò, sulla base del predetto Piano,
sentiti il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (“MIT”) e l’Agenzia
Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (“ANPAL”), i Presidenti delle
singole AdSP adottano piani operativi di intervento in materia di lavoro
portuale finalizzati alla formazione professionale per la riqualificazione o la
riconversione e la ricollocazione della forza lavoro in ambito portuale. Il
tutto con l’obiettivo di mantenere un mercato del lavoro portuale che
garantisca il più possibile l’efficacia e l’efficienza dei servizi portuali.
Tuttavia, essendo trascorsi ormai – quasi – due anni
dall’entrata in vigore della riforma della Legge portuale, osserviamo come, ad
oggi, in mancanza di univoche linee guida di indirizzo uniformi da parte
dell’Amministrazione competente in favore delle singole AdSP per la redazione
dei singoli Piani Organico Porti, tali documenti programmatici risultino spesso
profondamente diversi e poco coerenti tra loro nonostante abbiano lo stesso
riferimento normativo. Va da sé come sarebbe opportuno pro-futuro che gli
organi amministrativi competenti individuino dei criteri guida univoci che
possano indirizzare al meglio le AdSP nella realizzazione e/o revisione di tali
Piani. Il tutto, nell’ottica di favorire, mediante un’adeguata e coerente ricognizione
a livello nazionale dei fabbisogni all’interno dei singoli porti, la
competitività dell’intero sistema portuale nazionale.
In conclusione, sebbene sia lamentabile l’attuale mancanza di
univoche linee guida di indirizzo da parte dell’Amministrazione competente,
nell’auspicio che le stesse siano prossimamente adottate, non si può non
apprezzare quelle che, ad avviso di chi scrive, sembrano le – chiare –
intenzioni del legislatore di voler modellare e subordinare la forza lavoro
sulle reali capacità di traffico dei porti.
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