Dagli
Asburgo ai cinesi - Trieste si scopre
capolinea della Nuova Via della Seta
di Paolo
Rumiz
Traffici
commerciali via ferrovia quintuplicati in un anno.
Delegazioni
cinesi a spasso con valigette 24ore.
Ristoranti affollati da tedeschi, austriaci, canadesi, americani. Porto
in forte ripresa, sindaco sommerso da proposte d’investimento in denaro
sonante. E, ancora, russi con borse piene di dollari e caviale, ungheresi
disposti a tutto pur di avere uno sbocco al mare, mega-navi da crociera in cerca
di un terminai alternativo a Venezia.
Questo
mentre la città incamera i 600mila metri quadrati del semideserto porto vecchio
appena sdemanializzato, e nei bar discute di se stessa come capolinea della
nuova Via della Seta. Ritrovandosi, con un pizzico d’orgoglio, un po’ al centro
del mondo dopo decenni di letargo.
Con
America, Russia, Cina e persino Turchia in competizione per Trieste, la città
si trova davanti alla seconda grande occasione della sua storia dopo la
creazione del porto franco, due secoli fa, su decisione imperial-regia di
Vienna.
«Viviamo
una serie di fortunate coincidenze», spiega l’ex senatore del Pd Francesco
Russo che, in un blitz memorabile, ha fatto passare qualche tempo fa la legge
sullo sblocco dei punti franchi, aggirando un fronte maggioritario di gelosie e
immobilismi, e da mesi — in un clima ecumenico inusuale per l’Italia , lavora
in tandem con il sindaco di Forza Italia, Roberto Dipiazza, e l’autorità
portuale-
La Bella
Addormentata si risveglia. C’è un porto che ha chiuso coi favoritismi gestiti
da una cricca e fa fruttare i suoi vantaggi doganali, superiori a quelli di
Amburgo in ambito Ue. C’è l’interesse dei cinesi, che hanno subito reagito
all’apertura ”triestina” di Gentiloni sulla Via della Seta, e oggi trattano per
avere un terminal europeo più centrale di quello — già acquisito del Pireo.
C’è infine
il porto antico restituito alla città, tutto da reinventare: operazione che, se
messa a frutto, comporterebbe un investimento fino a cinque miliardi di euro.
Al momento, lo spazio più appetibile del Mediterraneo.
Torna il
brivido degli anni grandi. Il mercato immobiliare è in ripresa dopo la grande
depressione: stranieri danarosi fanno la fila in Comune per le pratiche di
allacciamento utenze. Sandro Beltrame, impresario del settore:
«Arrivano tante
aziende qualificate con manager che devono sistemami in città. Broker, specie
da Vienna, acquistano appartamenti, e puntano sulla bellezza e civiltà del
luogo. Gente che non batte ciglio di fronte a nessuna cifra». Anche le
assicurazioni fiutano l’affare. Allianz lavora alla nuova sede, che sarà il
palazzo più tecnologico di Trieste, e le Generali (primo esportatore italiano
di vino in Cina) scoprono nel porto franco una nuova frontiera, in campo logistico,
dopo anni di strisciante smobilitazione decisionale in favore del
Lombardo-veneto.
Trieste
avrà la capacità di sfruttare l’occasione senza farsi travolgere? I cinesi non
sono l’impero asburgico. Hanno colonizzato il porto di Atene reclutando
manodopera greca con paghe da terzo mondo, e qui si vorrebbe instaurare con
loro un rapporto più equlibrato. Poi ci sono i russi che hanno pochi scrupoli
(vedi l’allarmante caso inglese) a infiltrarsi ovunque e hanno capito che oggi,
per avere uno sbocco al mare, non è più necessaria una guerra e basta affittare
un terminal. I turchi, che hanno già scelto Trieste come capolinea del loro
traffico ro-ro con il Centro Europa, ora si riprendono la Bosnia come per
ricostruire l’impero ottomano mentre Mosca si è già comprata mezza Dalmazia.
Pare il “Grande Gioco” ottocentesco per il controllo dell’Afghanistan.
L’Adriatico scotta. Non è un caso che da un anno l’ex consulente della Casa
Bianca Robert Kaplan lavori sul tema battendo i porti della zona. I risvolti
politici non sono secondari.
L’improvvisa
effervescenza di Trieste ha spiazzato un po’ tutti, a partire dal vicino porto
sloveno di Capodistria, evidenziandone; limiti (nessuna concessione di aree a
privati) e le lentezze, soprattutto nel raddoppio dell’unico binario di collegamento
con la Mitteleuropa. Un’onda di proteste si è levata contro il premier di
Lubiana, Miro Cerar, portandolo alle dimissioni, con conseguenti nuove
elezioni. Una frenata che rischia di far perdere alla Slovenia il treno dei
finanziamenti europei a vantaggio del concorrente italiano.
Nella sua
tana con affaccio sulla piazza più bella d’Italia, il sindaco piana come un
falchetto su un tavolone in noce dove è sempre aperta la planimetria di una
città in effervescenza. «Sono come drogato — scherza —vivo un bel sogno e ho
paura di svegliarmi. Ogni minuto si aprono opportunità, sono assediato di
proposte». E giù col dito sulla mappa, a indicare un mondo possibile a filo di
mare. Da una marina a un terminai traghetti, da un magazzino a un polo
scientifico, da un polo fieristico a un centro congressi.
«Ora è
importante che la burocrazia non blocchi tutto con le sue lentezze, e semmai ci
aiuti a non rallentare questa magnifica rincorsa verso il futuro».
Intanto la
città è come se di sindaci ne avesse due. L’altro è il presidente del porto,
Zeno D’Agostino, veronese, scelta indovinata del pd Roberto Cosolini,
predecessore di Dipiazza. Il raggio d’azione del nuovo manager è quasi totale, allargato
al controllo dei punti franchi. Attorno a lui, un pacchetto di mischia
trasversale che lavora per Trieste, formato dalla pd Debora Serracchiani, ex
presidente regionale ora in Parlamento, dallo stesso Russo, dal primo cittadino
di centro-destra, dal segretario
generale del Comune Santi Terranova e dal direttore del porto Mario
Sommariva. «Ci chiamiamo anche all’una di notte per risolvere subito le cose»,
gioisce il sindaco in preda a frenesia immobiliare.
La gestione
precedente del porto, sponsorizzata da una lobby di centrodestra, era stata
disastrosa. Congelamento del piano regolatore, magazzini affittati ad “amici”
per cifre irrisorie, cooperative a gestione bulgara, grandi compagnie marittime
tenute a distanza per proteggere i pesci piccoli. «Le cose sono cambiate»,
spiega Sergio Bologna, consulente ministeriale per la logistica.
«Con la
benedizione del ministro Delrio e della governatrice Serracchiani, è nata
un’agenzia che ha regolarizzato il lavoro e si sono abbattuti i costi di
manovra per le ferrovie all’interno del porto. Questo ha attirato compagnie
e fatto fruttare i vantaggi della franchigia
con operazioni immobiliari intelligenti».
Risultato:
aumento esponenziale dei traffici, e il presidente del porto stabilmente in
Cina a fare affari. Il timore, ora, è che la nuova centralità di Trieste
ingelosisca i concorrenti italiani e soprattutto la maggioranza “etnica”
friulana della regione che non perdona all’ex governatrice, udinese, di essersi
tanto spesa per una città di lingua veneta, minoritaria. Àttraverso il
candidato presidente regionale Max Fedriga, la Lega si è dichiarata a favore
della continuità nella gestione portuale, ma una parte di Forza Italia non ha
fatto mistero di voler silurare — dopo il voto alle imminenti regionali, — un
presidente del porto che ha avuto il torto di mettersi di traverso rispetto a
certe lobby e di far decollare il capoluogo regionale.
Ma c’è un
rischio ulteriore: una “gestione spezzatino” del rilancio del porto vecchio e
la difficoltà a valutare certe offerte sapendo che le mafie pagherebbero denaro
sonante per fare del porto di Maria Teresa la più grande “lavatrice” del Mediterraneo.
Da qui la necessità di non lasciare la partita nelle mani di pochi e avviare al
più presto una società di gestione di solida competenza tecnica: il sindaco lo
sa: la partita non può giocarla da solo.
Ma intanto
si lavora, e una vivificante aria nuova è scesa sulla città. La stazione
austroungarica di Campo Marzio — collegamento più breve con la Germania — sarà
riaperta al traffico turistico dopo mezzo secolo di letargo. Il collegamento
ferroviario diretto con l’aeroporto regionale è stato appena inaugurato e un
pool di teste pensanti sta già lavorando al grande appuntamento del 2020,
Trieste capitale europea della scienza. E c’è la regata Barcolana, la più
grande del Mediterraneo, che celebra il suo cinquantenario come un nuovo
sposalizio di Trieste col mare.
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