mercoledì 12 aprile 2017

ANDREA ILLY DI RITORNO DALLA CALIFORNIA - INTERVISTA SU AFFARI&FINANZA



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Illy: "Siamo la prima marca estera nel caffè in Usa Starbucks in Italia? Uno scambio di cortesie"


Le strategie del gruppo triestino spiegate dal presidente Andrea Illy di ritorno dalla California dove ha appena inaugurato altri due nuovi monomarca, portando a 24 il totale dei negozi esclusivi negli Stati Uniti

Vito de Ceglia

«Il 2016 è stato un anno crescita, di buona redditività e di equilibrio finanziario, malgrado i cospicui investimenti fatti per sviluppare nuovi business in Italia e all'estero». Parte da qui Andrea Illy, sbarcato a Milano per tagliare il "nastro" del secondo negozio monomarca, in via Montenapoleone. E' in arrivo da San Francisco dove ha inaugurato altri 2 monomarca, portando così a 8 i punti vendita nella città californiana che si sommano ai 22 già presenti in tutti gli States.

Sono giorni intensi, per il numero uno di Illycaffè, che si accinge ad approvare il bilancio 2016 con un fatturato consolidato di 460 milioni, in crescita del 5,3% rispetto al 2015, quando il bilancio era stato chiuso con 437 milioni di ricavi, ebitda a +7% e una posizione finanziaria netta di 115 milioni (e 1,73 di rapporto debito/ebitda). «È la prova provata di una strategia di espansione autofinanziata», puntualizza con un pizzico di orgoglio certificando la forza di un brand diffuso a livello globale con 236 store e negozi a marchio disseminati in 43 Paesi e con 7 milioni di tazzine di caffè con miscela al 100% Arabica, la qualità più pregiata, servite ogni anno in 140 Paesi, nei migliori bar, ristoranti e alberghi e nelle case di mezzo mondo.

Da una sponda all'altra del Pacifico continua il piano di espansione dell'azienda, l'ammiraglia della holding di famiglia presieduta dal fratello Riccardo. Piano che si muove in tutte le direzioni: dal B2B (canale Horeca, segmento premium), il suo core business, al retail, all'eCommerce fino al canale diretto ai consumatori B2C con stores ispirati alla tradizione del bar all'italiana e negozi monomarca che invece propongono un'esperienza di shopping attraverso la vendita dell'intera gamma dei prodotti di casa, inclusi i sistemi porzionati e le capsule che al momento hanno i tassi di crescita più elevati nel mercato del caffè.

La strategia, dopo un periodo di transizione, ora inizia a prendere forma. Tutto è partito due anni fa con la decisione della holding di riorganizzare in toto la governance societaria per aiutare l'azienda a crescere ancora di più. Illy la definisce una "scelta di metodo", quella che ha portato per la prima volta un manager esterno al timone del gioiello di famiglia. Una strategia diversa rispetto a quella dei concorrenti che hanno intrapreso invece la strada del gigantismo innescata da Nespresso-Nescafé, e seguita da Jacobs Douwe Egberts con un gruppo da 7 miliardi di dollari, da Lavazza con l'acquisizione della francese Carte Noire e Segafredo Zanetti con la quotazione a Piazza Affari. «Tutti sono ancora in campagna acquisti, chi si sente preda e chi predatore. Noi, invece, restiamo indipendenti», taglia corto.

Anche l'ingresso in Borsa resta un'opzione remota, al momento. «L'abbiamo sempre vista come un mezzo, e non come un fine. Pertanto, se dovessimo capire fra un paio di anni che le nostre potenzialità di crescita necessitano di capitali freschi, allora potremmo prendere in considerazione questa ipotesi», puntualizza. Intanto, l'azienda prosegue la sua espansione all'estero dove realizza il 64% del giro di affari. In primis, negli Stati Uniti: il mercato, dopo l'Italia, più importante e il più performante in assoluto nel 2016, grazie a partnership realizzate con alcuni operatori chiave come la compagnia aerea United Airlines, di cui il Illy è diventato il caffè ufficiale. «Un'operazione che ci ha permesso di entrare in contatto con 100 milioni di passeggeri all'anno», sottolinea il presidente.

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