Nella complessità delle vicende siderurgiche risulta molto facile perdere il filo del discorso e trovarsi a ragionare, anche brillantemente, ma fuori strada.
Provate a leggere l'articolo che Affari&Finanza supplemento di Repubblica dedica all'ILVA di Taranto
DUE CORDATE PER UNA PICCOLA ILVA, IL RUOLO DI CDP TRA INDIANI E TURCHI
Si fa veramente fatica a comprendere e a farsi una opinione. Basti pensare che " In tre anni l'Ilva ha accumulato perdite pari a tre miliardi di euro. Ogni mese lascia sul terreno 50 milioni di euro, perde tra un milione e mezzo e due milioni
al giorno, più di quanto costi il personale. Una gestione fallimentare. E i soldi sono anche i nostri."
Nell'articolo della pagina accanto :
A TARANTO TUTTO E' FERMO LA CITTA' DIVISA SUL FUTURO
Il Governo accusa di immobilismo gli enti locali dicendo che " 200 degli oltre 800 milioni messi sul tavolo dal Governo non sono nemmeno stati impegnati "
Le preferenze del Governo tra una cordata guidata da Mittal e l'altra cordata risultano anche abbastanza chiare nell'articolo. C'è la paura che qualcuno compri per chiudere e per eliminare concorrenza. ( in grande quello che è successo molto più in piccolo con la Sertubi di Trieste ?)
Più difficile per noi e voi è comprendere come sia possibile acquistare un complesso industriale siderurgico che registra perdite per 50 milioni al mese versando quote di 200 o 100 milioni come riferito dalla stampa per i possibili investimenti riconducibili a Arvedi o Del Vecchio. La Cassa Depositi e Prestiti ( come riportato nell'articolo ) non può essere l'azionista di riferimento e principale per cui anche il suo intervento finanziario dovrebbe essere in quell'ordine di quota. Quindi nel caso delle due cordate la grossa parte dell'investimento andrebbe a cadere rispettivamente sugli indiani di Mittal o i turchi di Erdemir ?
Poi ci sono sempre i miliardi sequestrati alla famiglia Riva che dovevano essere investiti nelle bonifiche ma che sono ancora "indisponibili" nelle banche svizzere.
Questo per dire quanto sia complicato tenere un filo di ragionamento. vediamo ora di rispondere, compresa la complessità dell'intera vicenda se esiste un rapporto diretto tra i posti di lavoro e il mantenimento dell'area a caldo ?
Tra le varie ipotesi per l'ILVA di Taranto c'è la possibile chiusura delle cokerie e l'acquisto sul mercato estero del coke necessario. A proposito delle aree a caldo il portavoce dei Cittadini Liberi e Pensanti, operaio dell'ILVA, Cataldo Ranieri dichiara a Repubblica che :" A Taranto viviamo in un'altra Italia: a Genova è stato deciso che l'area a caldo dell'Ilva non sia compatibile con il lavoro e a Taranto magicamente sì. Incredibilmente la classe politica considera più realizzabile l'adeguamento di un'industria vecchia di settant'anni per un mercato che non c'è più piuttosto che finanziare la riconversione del patrimonio di un territorio."
Se a queste considerazioni aggiungiamo le notizie che abbiamo raccolto a Piombino sulla chiusura da due anni dell'area a caldo in quello stabilimento siderurgico cominciamo ad inserire il problema di Trieste in un contesto dove veramente l'area a caldo di Servola rischia di rimanere l'unica in funzione in Italia.
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