Il commissariamento a Napoli sta continuando da due anni e mezzo, sempre con la scusa dell'attesa della "Riforma della portualità " che dovrebbe definire e decidere il destino delle Autorità portuali nazionali. Leggendo l'articolo ci siamo accorti che le analogie tra i due porti non si fermano al problema comune di essere guidati da un commissario, ma sono molte di più.
Vi proponiamo quindi un gioco.
Abbiamo aggiunto nell'articolo accanto al nome Napoli il nome di Trieste in modo che chi
legge abbia presente una doppia lettura e possa verificare tutte le similitudini tra le due situazioni, Noi abbiamo trovato tutto molto simile, dalle descrizioni alle soluzioni proposte. C'è perfino la proposta di Area Metropolitana, la solita cerchia di miopi operatori che vive dei rottami del passato, e molto altro ancora.
UN PRESIDENTE PER IL PORTO
PORTO DI NAPOLI |
Negli anni Settanta il perimetro del Porto di Napoli (Trieste) era rigorosamente cintato da
alte mura impenetrabili e cancellate imponenti.
Il Porto era estraneo alla
città e la città altrettanto estranea al Porto.
Separati in casa e transennati reciprocamente.Mi ricordo una frase, in una delle mie prime cronache giornalistiche:
il mare non è un muro non deve essere un muro. Oggi i muri sono diminuiti ma
non sono scomparsi, i cancelli di meno, i varchi per entrare ed uscire, e le
loro serpentine interne alle mura del Porto, sono ancora e solo dei labirinti.
Mentre le due realtà -la Città e il Porto - restano due estranei, inconcludenti
reciprocamente. Ed il mare rimane un muro e non una risorsa per collegare la città
al Mediterraneo.
Molti luoghi del porto sono abbandonati e ridotti a
scheletri: uno per tutti i Magazzini Generali, di fronte a Piazza del Municipio,
che cadono su se stessi mentre avrebbero, e dovrebbero avere, un destino
vitale. E non certo per stoccare le merci. Magari per farci un museo di arte
contemporanea, oppure una grande struttura di «foods & beverage»: una
opportunità per il tempo libero al centro della città e di fronte alle navi
delle crociere.
Da troppi anni il Porto non ha una guida adeguata ma il
medesimo destino ha anche Napoli (Trieste):
una città che viene lasciata, e si lascia, andare; sopportando un grado
crescente di degrado senza reagire.
Il Porto e la Città, insomma, diventano due
problemi pesanti per la crescita della capitale meridionale, invece di essere i
pilastri di una forza che sia capace di riscattare il rapporto tra Napoli (Trieste) e i territori del Mezzogiorno
continentale.
Oppure di trovare le idee e le ambizioni per dare vita all'
area metropolitana: ultima istituzione che dovrebbe identificare la natura, il
destino e le opportunità della terza città italiana, dopo Roma e Milano.
Le
città che hanno la fortuna di affacciarsi sul mare non dovrebbero rinunciare ai
vantaggi di cui godono. Londra, che si adagia sulle rive di un grande fiume,
che è anche un porto importante, conosce il valore della contiguità tra le
risorse urbane e la forza penetrante dei percorsi d'acqua che si allontanano
dalle proprie terre.
PORTO TRIESTE |
Per collegarsi a terre e destini che arricchiscono e fanno
crescere la potenza e la ricchezza delle terre da cui partono traffici e
ritornano merci e servizi. Eppure la grande epopea dell'emigrazione ha
collegato Napoli (Trieste) con New
York e gli Stati Uniti.
La ricostruzione industriale di Napoli (Trieste), dopo la fine della seconda guerra mondiale, ha aperto opportunità
ai traffici di petroli ed a molte altre forme di integrazione tra Napoli (Trieste) ed il Mediterraneo. Ed anche
ora, che il Mediterraneo è diventato un canale, varrebbe la pena di agitare le
acque del canale per ottenere i risultati che tutti dovrebbero attendersi: lo
scambio di persone e merci in un vasto ed importante sistema al centro del
Mediterraneo.
Ma ottenere questo risultato presuppone tre condizioni:
l)
la visione di un destino possibile
2) la capacità di tradurre quel destino,
cioè la visione potenziale del futuro, in un organismo ordinato e capace di
realizzarne il percorso nel tempo;
3) la voglia di sviluppare il destino per
ottenere nuovi incontri e superare la noiosa quotidianità del presente.
Bisogna
avere immaginazione, voglia di fare, capacità di aggregare le forze della
comunità: evitando scrupolosamente di impedire agli altri quello che vorrebbero
fare. C'è spazio per tutti. Ma non c'è spazio per nessuno se, nella città o
nelle grandi organizzazioni, gruppi uniti dalla miopia impediscono agli altri
di fare quello che, nella loro miopia, non sono in grado di fare.
Questi tre cardini del processo creativo sono necessari ma
non sono sufficienti, perché un progetto è la realizzazione di un impresa e non
è, non deve essere, solo l'inseguimento di un sogno. Bisogna che una classe
dirigente sappia considerare il destino che intravede nella nebbia
dell'incertezza; proiettare la sua intelligenza nello spazio che l'orizzonte le
indica; costruire, come può, quello che ha immaginato. Fare vivere le cose che
ha realizzato e consentire che l'azione collettiva della comunità se ne
impossessi, per utilizzarle nei riti e nelle azioni condivise della società.
Senza questa simbiosi tra la voglia di fare della classe dirigente e la
necessità di servire le esigenze delle grandi organizzazioni, come il Porto e
la Città, non si va lontano. E il degrado montante resta solo la testimonianza
dell' assenza della simbiosi e della classe dirigente, che avrebbe dovuto
guidare il futuro e non limitarsi a profittare dei residui rottami del passato.
Se Napoli (Trieste)
e il suo porto sono arrivati a questo punto, è perché nessuna delle condizioni virtuose
qui descritte si è mai avverata.
Il commissariamento del Porto, che va avanti
ormai da due anni e mezzo, trae origine dal mancato superamento dell'empasse
civile e amministrativo. Ma una sua nuova proroga ad opera del ministro per le
Infrastrutture (il 30 aprile scade il mandato del commissario Karrer) non
farebbe che riprodurre la distanza tra il Porto e la Città.
Nominare un
presidente potrebbe essere l'inizio di un nuovo percorso. Di cui si sente tutto
il bisogno.
Massimo Lo Cicero
NOTA FINALE DI FAQTrieste:
- L'unica vera differenza è che a Napoli il maggiore quotidiano locale interpreta e da voce alla richiesta di un Presidente effettivo mentre a Trieste la stampa e i media locali sono schierati ad attendere gli eventi e gli effetti delle decisioni che vengono prese a Udine, Venezia e Roma.
- Non abbiamo trovato nessuna differenza invece negli esempi ( la solita Londra - che però è una città unica al mondo ) e nelle soluzioni proposte ( il solito museo di arte contemporanea e impianti di ristorazione ( food and beverage non è altro che una somma di bar ). Che la politica non abbia la fantasia e la competenza tecnica necessarie ?
- Manca nell'articolo un riferimento a qualche movimento indipendentista napoletano che sicuramente esisterà, ma che non ha ancora la massa d'urto di quello triestino e non c'è alcun Trattato di pace a tutelare un improbabile Territorio Libero di Napoli.
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