La rinascita sbocciata in riva al mare
il porto è
tornato al centro dell’Europa
Affari&Finanza LA REPUBBLICA
11 Dicembre 2017 Roberto Rho
Trieste La sera del 30 novembre c’era grande animazione
in piazza Unità d’Italia e sulla Riva del Mandracchio. Signore in abito da sera
e mise delle grandi occasioni, uomini in smoking, un viavai di taxi e auto di
rappresentanza, fuochi d’artificio e una folla di curiosi a sbirciare, da
terra, le terrazze della Msc Seaside (la più grande nave passeggeri mai
costruita in Italia, 154 mila tonnellate, appena partorita nel cantiere di
Monfalcone), teatro della grande festa d‘inaugurazione con un migliaio di invitati.
Msc, seconda compagnia mondiale nel settore cargo, già attivissima sulle
banchine del Molo VII, cerca casa (un terminal da cui operare), proprio a
Trieste, anche per il comparto crocieristico.
E non è soltanto questione di
prossimità ai cantieri di Monfalcone. Msc cambia le sue strategie perché
Trieste ha ritrovato non solo l’efficienza delle sue strutture portuali, ma
soprattutto un’attrattività che sembrava smarrita, il suo ruolo di baricentro
del continente, di ponte tra l’Europa centrale e orientale e il Mediterraneo,
di passaggio chiave dei traffici verso Est.
Quello che ci si aspettava
accadesse alla fine degli anni 90, dopo lo sgretolamento della Jugoslavia e il
ridisegno dei confini di Slovenia e Croazia, sta imprevedibilmente sbocciando
ora, per una congiunzione astrale di eventi che era impossibile pronosticare
fino a qualche anno fa.
Trieste è una città in piena fioritura, è tornata ad
essere meta del grande turismo internazionale, le sue attività economiche sono
in ripresa, l’ammodernamento delle infrastrutture è finalmente ripartito,
centinaia di treni portano e riportano i container da e verso il porto. Trieste
è, oggi, una città piena di opportunità, per chi ci vive o progetta di viverci,
per chi ci lavora, per chi vuole investire. In molti, senza falsi pudori,
parlano esplicitamente del “Rinascimento di Trieste”.
Il sindaco Roberto Dipiazza, con un’enfasi forse
eccessiva, ha recentemente dichiarato al “Piccolo” che «sì, Trieste è tornata a
essere la terza città dell’Impero».
Sergio Razeto, presidente degli industriali
giuliani, preferisce un’andatura più prudente: «Certamente negli ultimi
tre-quattro anni Trieste è tornata alla ribalta, ci sono molti fattori positivi
ma siamo ancora in una fase transitoria ed è bene che le istituzioni ( la
Regione è alla vigilia di una campagna elettorale prevedibilmente aspra, con il
centrodestra favorito dopo la rinuncia alla ricandidatura di Debora
Serracchiani, ndr), cavalchino questi segnali di crescita».
Vediamoli, nel
dettaglio. Le imprese triestine (valore della produzione complessivo 4,5
miliardi di euro, dati della Camera di commercio) stanno ancora uscendo dal
lunghissimo tunnel della crisi. Ma se il dato del risultato netto è
(lievemente) negativo è già evidente il recupero di tono dei margini (910
milioni il valore aggiunto). Nel terzo trimestre il saldo tra iscrizioni e
cessazioni di imprese registra un incremento del 4% (in valori assoluti
equivalente a 181 nuove imprese), più tonico rispetto alle medie nazionali.
Ancora numerosi i fallimenti, coda prevedibile, per quanto dolorosa, delle
sofferenze degli anni passati. Ma le imprese più strutturate, quelle più votate
all’export, sono tornate a crescere. E, pur con una flessione dovuta quasi
interamente alla diminuzione subita sul mercato francese, nel secondo trimestre
dell’anno le esportazioni del polo della ricerca triestino sono rimaste al di
sopra dei 100 milioni di euro, più del doppio rispetto allo stesso periodo del
2014 (dati Direzione Studi e ricerche di Intesa San Paolo).
E’ più vigoroso il
trend di crescita del turismo: nei primi nove mesi dell’anno, mentre in Friuli
Venezia Giulia si conferma la tendenza al rialzo inaugurata nel 2014, con un
più 6,8% di arrivi, Trieste torna a essere la meta favorita dei visitatori
italiani e soprattutto stranieri con il maggior incremento di arrivi: quasi
389mila, più 9,4% rispetto all’anno precedente. Per rispondere al boom della
domanda aumenta la capacità ricettiva della città: in due anni hotel e altri
alloggi gestiti in forma imprenditoriale sono aumentati del 26%, e i posti
letto del 7%. Ma, al di là delle cifre, la città è al centro di un fermento
senza precedenti.
La favorevole congiuntura politica che ha visto coincidere,
nell’ultimo lustro, la figura della presidente della Regione (la Serracchiani,
appunto) con quella di vicesegretaria del maggior partito di governo ha
probabilmente favorito lo sblocco di alcuni progetti infrastrutturali fermi da
anni: all’aeroporto di Ronchi dei Legionari si sta costruendo la stazione
ferroviaria che collegherà Venezia in un’ora. Sulla A4 si lavora finalmente
alla costruzione della terza corsia.
Al Porto di Trieste, vero fulcro della
ripresa, la nuova gestione di Zeno D’Agostino ha impresso una forte
accelerazione alla logistica su ferro, utilizzando le infrastrutture esistenti.
Centinaia di treni (oltre 400 ogni mese) diretti verso la Baviera, la
Repubblica Ceca, l’Ungheria, l’Europa dell’Est, perfino la Svezia, caricano e
scaricano direttamente dalle banchine e si muovono sui circa 70 chilometri di
binari “interni” integrati con la rete nazionale e internazionale. In più, il
decreto attuativo del 2017 riconosce all’Autorità portuale il ruolo di gestore
unico del punto franco di Trieste: condizioni di grande favore (snellimento
della burocrazia e velocizzazione dei tempi) per l’introduzione e lo stoccaggio
delle merci provenienti dai Paesi extraeuropei. Il che significa incentivare le
funzioni di porto di transito e l’insediamento di nuove attività logistiche e
industriali. Oltre alle cose già fatte (o già accadute), ci sono le prospettive
di ulteriore sviluppo: il comprensorio della ex Fiera acquistato per 12 milioni
dalla Mid Holding di Walter Mosser, 30mila metri quadrati che genereranno
investimenti per decine di milioni e sperabilmente posti di lavoro.
L’area del
Porto vecchio, il più importante progetto di riqualificazione urbanistica del
prossimo futuro, straordinaria opportunità di rilancio oggi nelle mani del
Comune. Proprio il Porto vecchio potrebbe essere il teatro dell’Esof 2020, la
più importante manifestazione europea per il dibattito tra scienza, tecnologie,
società e politica e che attribuisce a Trieste il titolo di capitale della
scienza per il 2020.
Fatte le debite proporzioni, un evento che potrebbe
funzionare per Trieste come l’Expo 2015 ha funzionato per Milano: un faro di
luce proiettato sulla città, un’ampia area da ristrutturare e rilanciare che,
all’indomani dell’evento, resta patrimonio dei triestini e dei visitatori.
Grande fermento, grandi opportunità.
Che hanno naturalmente risvegliato l’interesse
per il patrimonio immobiliare della città (un’ampia quota del quale si è
liberato nel corso dei decenni anche a causa dello spopolamento di Trieste, da
un massimo di 280mila ai circa 205mila residenti di oggi): 101mila abitazioni,
anche pregiate, superficie media di poco inferiore agli 80 metri quadrati,
prezzi medi delle compravendite intorno ai 1.500 euro al metro, stabili
nell’ultimo anno. Una straordinaria occasione d’investimento per chi volesse
assecondare e cavalcare la rinascita di Trieste.
perchè tutto questo? quando la città ha cominciato a muoversi? si parla tanto di cerchi magici e allora non dimentichiamo chi ha portato quei due che stanno rilanciando il porto: cosolini, serracchiani, delrio, governo renzi. poi abbiamo avuto russo col porto vecchio sempre con il governo renzi.e la città si è mossa ed è diventata appettibile. esof è una delle conferme. al turismo basterebbe un'unione di intenti fra comune, promotrieste e promofvg. si può fare. la paura, dopo tanti anni di immobilismo scelto per non rompere la ragnatela di interessi , non ritorni
RispondiElimina